malattia (ma-lat-ti-a)
deriva da malato , che a sua volta proviene, per crasi ed allitterazione, dal latino "male aptus" traducibile in "conciato male, male in arnese".
Altri propongono la derivazione dal greco Malakia
malattia (ma-lat-ti-a)
deriva da malato , che a sua volta proviene, per crasi ed allitterazione, dal latino "male aptus" traducibile in "conciato male, male in arnese".
Altri propongono la derivazione dal greco Malakia
Incesso (in-ces-so)
Un lemma - come dire- strano? Spesso lo evitiamo o lo eviteremmo volentieri, non fosse altro per motivi di assonanza con l' incesto e con il... W.C..
Leggiamo la Treccani: "incèsso s. m. [dal lat. incessus -us, der. di incedĕre «incedere»], letter. – L’incedere, il camminare, e più spesso il modo di camminare (indica sempre un portamento e un passo solenne, dignitoso): avanzare con i. regale; aveva l’i. di una dea".
Esso significa, quindi, "modo di camminare", "portamento".
Poco adoperato per motivi ...umani. E allora, perchè non sostituirlo con il più regale Incedere ?
Volete mettere: Sai, hai un bell'incesso! con Sai, hai un bell'incedere!
Questione di stile e di gusti.
Terremoti e linguistica
I terremoti, si sa, spesso producono gravi danni. La linguistica relativa a questi fenomeni geologici è meno catastrofica, però a volte ci allerta su espressioni che usiamo e che non sono del tutto corrette.
Anche alla televisione a volte parlano, in modo non corretto, di terremoti che hanno l'epicentro localizzato ad una certa profondità dalla crosta terrestre.
Va distinto, allora, l'ipocentro dall'epicentro.
Per epicentro si intende quel punto della crosta terrestre posto esattamente sulla verticale condotta dall'ipocentro. L'ipocentro è il punto reale di origine del fenomeno sismico , ed è in questo punto È l'epicentro che il terremoto causa i danni maggiori.
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La Feccia (Fec-cia) e Jacopone da Todi
«Signore, àime mustrata, ne la tua claritate, /
la mea nichilitate ch'è menor ca neiente [...
Ciò c'ò veduto e pensato tutto è feccia e bruttura, /
pensanno de l'altura de lo vertuoso stato»
Così Iacopone da Todi (XIII secolo) vede , in una delle sue laudi, la pochezza o, meglio, la nullità dell’essere umano.
Due sono i significati principali del termine feccia: il primo, terminer proprio, indica il «deposito di color rosso mattone che si forma sul fondo delle botti o d'altri recipienti a mano a mano che il vino si chiarifica» (Vocabolario Treccani) ed è frequente anche in alcune locuzioni dal valore proverbiale ; esempio, bere il calice fino alla feccia
il secondo, figurato, indica la parte peggiore, più spregevole di qualcosa o di qualcuno, riferito a persone o a gruppi sociali; esempio, la feccia della società.
Deriva dal Lat. volgare faecea(m), derivando questi, a sua volta, del classico faex faecis ‘feccia, sedimento’. E al plurale?
La regola tradizionale per formare il plurale di parole che finiscono con -cia dice che se la finale è preceduta da un’altra c, il plurale perde la i; quindi, al plurale si dice: fecce
Ciao, Alice!!!! Lo sai a chi mi fa pensare, quel tipaccio del filmato, con quell'originale slip? A Belen. Ma quella macchiolina cos'è, la farfallina? uah uah uah uah
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Sì, in effetti... Stessa mise succinta, stessa farfallina, stessa misura di coppa di reggiseno... Mancano solo i capelli.![]()
Cazzarola (caz-za-ro-la)
Esclamazione adoperata nello slang nostrano, e che supplisce il volgare: C***o!
In realtà, la cazzarola, termine regionale, deriva da casseruola ed è un grande contenitore , a fondo piatto, utilizzato spesso per cuocere le vivande nel forno e che serve, a freddo, come un contenitore di cibi vari.
Eresia (e-re-si-a)
La parola "eresia" deriva dal greco hairesis , afferro, " ma anche scelgo .
L'eretico è dunque chi proclama il suo possesso, la sua proprietà (di qualcosa che abbia un contenuto intellettuale) ed "eresia" si può riferire ad una scelta di credo sia ad una fazione di credenti, che per la loro posizione si possono ben chiamare dissidenti. Un'altra interpretazione richiama il fatto che l'eretico è colui che, di tutta la dottrina "ortodossa", "sceglie" in modo consapevole solo una parte, dimenticandosi del resto.
Sarcofago (sar-co-fa-go). Plurale: sarcofagi.
Parola di origine greca, composta da sarx, carne, e phagein ,mangiare. Indica il contenitore in cui il corpo del defunto è destinato ad essere “divorato”. È una allusione al fatto che i resti dei corpi venivano trovati, tempo dopo, completamente divorati dagli animali, che si inserivano così nel ciclo biologico di ogni essere vivente.
L'allusione, però, ha anche una lettura metaforica: il corpo fisico, alla morte, veniva "mangiato" (ossìa spariva dal contesto materiale, per ripresentarsi in altri contesti: vedi metempsicosi, risurrezione della carne, ecc)
delirare (de-li-ra-re)
Lemma che origina dal gergo degli agricoltori. È composto dalla particella de- (cioè allontanamento da...) e lira, solco. Quindi, uscire dal solco, dal seminato, dal contesto. Per traslato, uscir di senno
Eufemismo (eu-fe-mi-smo) : dal greco eu- phemi, parlo bene.
Parola buona per indicare cose cattive
È una figura retorica e permette, tramite una perifrasi, di attenuare la forza espressiva di un'affermazione .
Come poteva, qui e di questi tempi, mancare la parola crisi (cri-si)?
L'etimologia di crisi deriva dal verbo greco krino = separare; per estensione di concetto, si può assumere : giudicare, valutare. Nel parlar comune, questo bel lemma che indurrebbe ognuno alla seria riflessione, ha assunto, però, un'accezione negativa in quanto lo si adopera per indicare un peggioramento di una situazione.
Hai ragione mio sir, il termine è letto spesso con accezione negativa ma non è così.
Il concetto di crisi fa riferimento ad un termine di origine greca presente nella medicina ippocratica per indicare un punto decisivo di cambiamento che si presenta durante una malattia. In ambito psicologico si riferisce ad un momento della vita caratterizzato dalla rottura dell’equilibrio precedente acquisito e dalla necessità di trasformare gli schemi consueti di comportamento che si rivelano non più adeguati a far fronte alla situazione presente (Galimberti, 1992).
Le crisi possono essere occasioni rilevanti per scoprire l’entità della nostra forza,sviluppando la consapevolezza di ciò che possiamo finalmente lasciar andare, perché dopo una crisi, ciò che ci appariva piccolo magari ora è diventato importante, e, viceversa, ciò che ci appariva fondamentale ora è diventato insignificante. Ogni crisi, in altre parole, è un’opportunità per muovere un nuovo passo verso una maggiore consapevolezza del Sé.
Vicino a questo concetto possiamo mettere quello di STRESS, inteso come tensione a fare, ad impegnarsi. La famosa curva dello stress indica che diamo il meglio di noi stessi se sappiamo equilibrare il troppo poco che è pigrizia e disimpegno, con l’eccesso di stress che è carica emotiva esagerata, spesso aggressiva e comunque ansiogena. Un giusta quota di “eustress” (buon stress) ci fa rendere al massimo e le “crisi” ci costringono appunto ad uscire dall’inerzia e dare il meglio.
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Soccia, per dirla in bolognese, che discorso impegnativo ho fatto….!
Non fateci caso, adesso zio Fred torna a leggiucchiare le novelle di Guareschi ( ecco un giusto equilibrio ironico tra i don Camilli ed i Pepponi) perché ha in programma un fine settimana nella “bassa” e domani va a mangiare il culatello a Zibello.
Che è un gran scacciacrisi!
Tributo (tri-bu-to), dal latino tributum.
Il tributum fu presentato ai contribuenti come un prestito eccezionale di guerra che lo Stato avrebbe, in qualche modo e se possibile, rimborsato. Esso gravava sui cittadini maschi non mobilitati.
Gli esattori del tributum erano i tribuni aerarii , ricchi e facoltosi che con le loro proprietà garantivano per i membri della loro tribù.
Il termine tributum nasce infatti da tribù, perchè era questa realtà sociale ad essere gravata dalla tassa.
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