E' una parola che mi è sempre piaciuta, non so perché. Peccato che sia davvero poco usata...
Anche il caldo, in questi giorni, è arrivato al parossismo...![]()
E' una parola che mi è sempre piaciuta, non so perché. Peccato che sia davvero poco usata...
Anche il caldo, in questi giorni, è arrivato al parossismo...![]()
La vita morde forte alle spalle e quando sorride ti fa solo del male (Mauro Berchi)
Un bel verbo poetico: còlere [co-le-re]
Significa: venerare, tenere in gran pregio (da Enciclopedia Treccani)
L’arte che più tra noi si studia e cole (Ariosto);
Voi che la Grecia cole, e il mondo ammira (Leopardi).
Questa è l'incredibile coniugazione verbale (occhio al condizionale presente ed al futuro semplice!):
http://it.wiktionary.org/wiki/Append...taliano/colere
C'è una graziosa cittadina della Val di Scalve che si chiama Còlere ... chissà se il suo nome ha origini nella venerazione di qualcuno o qualcosa.
In effetti Sir, la coniugazione verbale è qualcosa di particolarissimo ed affascinante.
Non è vero che ti fermi quando invecchi, ma invecchi quando ti fermi.
Non ti saprei dire, Mauro. Dovrò fare una ricerca..... Comunque, in latino colere, oltre al senso che si è detto,ha anche una valenza più materiale ; infatti vale anche come: arare,
coltivare, rendere fruttifero un posto non coltivato prima; o anche, stictu sensu,
"spingere il carro" (dei buoi).
Che codesto ameno paesello sia stato particolarmente apprezzato dagli antichi Romani
per la particolare o singolare attività agricola?
Ciao e grazie millanta volte per l'interessamento
Carlo
Determinato [de-ter-mi-na-to]
Tristi tempi di povertà espressiva, gli attuali. Scarseggiano gli aggettivi, il congiuntivo è pressochè defunto ed il condizionale sta boccheggiando, in attesa di esalare gli ultimi respiri.
I nomi di persona sono sempre gli stessi (ah, quanto respiro poetico, ingegno ed arguzia avevano invece i nostri nonni...), i conduttori dei TG andrebbero massacrati (vi siete accorti della mancanza di segni di punteggiatura e pause, nella loro esposizione di odierni laureati in Giornalismo? Il loro discorso è monocorde, monotòno allo spasimo), e via mal-dicendo.
Gli aggettivi, poi? Stendiamo un pietoso velo anche su di essi ! Il vocabolario di un italiano medio uscito dal liceo è largamente inferiore a quello di uno studente di scuola media di cinquant'anni fa, prima della famigerata riforma scolastica voluta dai governi di centro-sinistra allora tanto in auge (quel Nenni, poi! a dire suo, il latino era "lingua da ricchi". Così mi dicono. Ma sarà vero?).
E via mal-dicendo...
Determinato, per esempio... Cosa significa, il lemma " determinato" ?
I nostri giornalisti in gran parte non lo sanno , tant'è che sui giornali sportivi a questa bella parola suppliscono con "cattivo": il tale pugile dev'essere più cattivo, la tale squadra deve trovare più cattiveria, e via mal-dicendo.
Naturalmente essi non sanno cosa scrivono.
Determinato trae da "terminus", limite, preceduto dalla particella "de" (a volte è termine interscambiabile con "limes", limite).
Una persona è quindi determinata quando conosce i suoi limiti ed è ben disposto a farli rispettare.
Il "cattivo" non c'entra. È un'altra cosa.
P.S. Naturalmente ho usato un'iperbole, tanto è vero che non li massacrerei mai. Per loro avrei in serbo una punizione ben peggiore, del tipo: leggere per cento volte un passo di un classico, usando le dovute pause e i dovuti segni di interpunzione, ma soprattutto rispettando la costruzione del periodo.
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Un'altra punizione, ben peggiore, sarebbe quella di dover ascoltare la particolare ...declamazione della Commedia ad opera di tale Roberto Benigni![]()
Terribile [ter-ri-bi-le]
"Venerando e terribile" fu chiamato Parmenide da Platone. Lo stesso appellativo è onomastico di tante persone in Italia, che vedono nel loro cognome significato, così, un appellativo che dà subito all'occhio: questo cognome, infatti, è presente in Liguria, Lazio, Abruzzi, Puglia e Sicilia (anche sotto la variante Terribilini)
Terribile trae dal latino terrère, spaventare.
Maiuscolo [Ma-ius-co-lo]
È diminutivo, in latino, di major, majus, ossìa: il più grande (sembrerebbe un controsenso; in realtà, significa grandetto, nel senso di grafìa più grande). In Italiano, va usato solo come lettera iniziale. È scorretto ( e reprimendo) scrivere le parole o, addirittura, frasi intere con la lettera maiuscola.
Traggo da http://grammatica-italiana.dossier.net i seguenti appunti:
La maiuscola si adopera come lettera iniziale nei casi seguenti.
- All'inizio di ogni periodo, dopo il punto fermo. Si usa di solito anche dopo il punto interrogativo ed il punto esclamativo, quando questi chiudono un periodo; si può usare invece la lettera minuscola, dopo l'interrogativo e l'esclamativo, quando il periodo continua: ad esempio, Dio mio! chi l'avrebbe detto? chi l'avrebbe immaginato?.
- All'inizio di un discorso diretto, dopo i due punti e le virgolette: ad esempio, Il mio amico aveva detto: "Ascoltami, moglie." (Pascoli).
- Nei nomi propri, nei cognomi, soprannomi che indicano persona, animali, cose personificate: ad esempio, Marco, Giovanni, Maria; Alighieri, Garibaldi, Marconi; Giovanni Evangelista, Lorenzo il Magnifico, il Nibbio, lo Sfregiato; Fido, Bob; la Giustizia.
- Nei nomi geografici di nazioni, regioni ed isole: ad esempio, l'Italia, la Francia, la Russia; l'Abruzzo, la Liguria, il Lazio; Capri, Malta, Lampedusa.
- Con i nomi propri di città, mari, monti, fiumi, laghi: ad esempio, Roma, Parigi, Londra; il Tirreno, l'Adriatico, il Mediterraneo; il Gran Sasso, il Cervino, le Dolomiti; il Po, il Tevere, l'Arno; il lago di Garda, il lago Maggiore, il lago di Como.
- Con i nomi di solennità civili e religiose: ad esempio, il Natale, la Pasqua, il Risorgimento, la Resistenza.
- Con i nomi di stelle, pianeti, costellazioni: ad esempio, Sirio, Venere, Orsa Maggiore, Via Lattea. Riguardo a Sole, Terra, Luna, essi vanno scritti con la maiuscola quando è preminente il riferimento astronomico; con la minuscola in tutti gli altri casi: ad esempio, la Terra gira intorno al Sole e intorno al proprio asse; eclissi di Luna; ma: una festa al chiaro di luna; stare al sole; sentirsi mancare la terra sotto ai piedi.
- Con i nomi di enti, istituzioni, associazioni: ad esempio, il Senato, la Camera dei deputati, lo Stato, la Chiesa, la Croce Rossa, la Banca d'Italia.
- Nei titoli di libri e giornali, di opere delle arti figurative e della musica: ad esempio, la Divina Commedia, i Canti; la Repubblica, il Corriere della Sera; la Gioconda di Leonardo, il Gallo morente, la Primavera del Botticelli; l'Aida di Verdi, la Lucia di Donizetti, la Tosca di Puccini.
- Con i nomi di vie e di piazze (scrivendo però con la minuscola via, piazza): ad esempio, via Mazzini, via Pascoli, piazza Roma, piazza Cavour.
- Con i nomi dei segni zodiacali: ad esempio, Ariete, Bilancia, Vergine, ecc.
- Con i nomi attinenti alla sfera religiosa: ad esempio, Dio, il Signore, il Creatore, la Vergine, l'Assunta, l'Addolorata.
- Con i nomi di imprese, di società e di marchi commerciali: ad esempio, la casa editrice Mondadori, la Fanta, la pasta Barilla, l'anisetta Meletti.
- Nelle sigle: ad esempio, O.N.U., F.I.A.T., M.E.C., che si possono pure scrivere ONU, FIAT, MEC ed anche - più modernamente - Onu, Fiat, Mec.
- Con i nomi di parchi, ville: ad esempio, Villa Borghese, il Pincio, Villa d'Este, il giardino di Boboli.
Sicumera [si-cu-me-ra]
Ostentata sicurezza di se, del proprio agire e delle proprie affermazioni.
L'etimo di questa parola ha probabile derivazione araba.
Il "Pianigiani" mette l'accento acuto sulla u.
Altri dizionari (Sabatini-Colletti, Zingarelli, Treccani ed altri) pongono l'accento grave sulla e.
vedere [ve-de-re]: vedere, naturalmente. Trae dal latino visus, porzione anatomica che alloggia (anche) gli occhi, organo della vista. È riferito, quindi, all'atto della recezione visiva di oggetti esterni all'osservatore. Va separato da guardare, verbo che implica una partecipazione emotiva ed intelligente dell'osservatore all'atto fisico della vista.
Sguardo (che trae da guardare), quindi, è ben diverso da vista (che trae da vedere).
Guardare una bella figliola, ad esempio, assume una valenza diversa dal vederla: con la prima si implica un gusto estetico, con la seconda .... beh, che vi devo dire, si possono anche vedere le racchie, no?![]()
Al mondo, ahinoi, si vede di tutto, ma sta a noi saper guardare al meglio che si offre alla nostra vista e le belle figliole son proprio parte del meglio che si può vedere al mondo, anche se mi spiace dover notare che, molto spesso, la bellezza femminile tende a fare il paio con una volgarità che la sminuisce invece che esaltarla.
Non è vero che ti fermi quando invecchi, ma invecchi quando ti fermi.
Oggi, mentre guardavo la bella pianta 'cicciotta' di basilico che sta sul balcone, ho pensato al suo significato
originario.
Il vocabolario mi dà "etimo incerto", ma probabilmente proveniente dall'aggettivo greco basilikòs, che significa regio ( a sua volta da basileus che, infatti, significa
in greco re).
Azzardo l'ipotesi che questa deliziosa pianta aromatica venisse considerata "l'erba del re", forse per le sue qualità.
Non so se in questa discussione si era già parlato di questo vocabolo, se sì me ne scuso e ne approfitto giusto per aggiungere un dettaglio simpatico:
mentre in italiano l'accento cade sulla terzultima sillaba, noi siciliani, nel nostro dialetto, abbiamo mantenuto l'accento "alla greca".
Ho sempre sentito mia nonna pronunciare "basilicò" e non "basilico".
Giusto una piccola curiosità.
La vita morde forte alle spalle e quando sorride ti fa solo del male (Mauro Berchi)
Apostrofo [a-po-stro-fo]
Dal greco "apòstrophos", ossìa "rivolto altrove". Trae dalla particella "apò" (da, altrove, in altro luogo) e "strèpho" (mi volgo). Detto così perchè ha la forma di uno spirito aspro dei greci rovesciato : In greco antico lo spirito aspro è un segno diacritico posto su una vocale ad inizio di parola e indicante un'aspirazione . Ha forma semilunare rivolta verso sinistra (C) : quindi, la "gobba" della C sarebbe rivolta in senso contrario.
Tutti conosciamo il famoso "apostrofo rosa" che, tratto dal Cyrano de Bergerac, viene in tal modo tradotto nella nostra lingua. Pur tuttavia, la versione originale recita così (atto terzo, scena nona):
"Un baiser, mais à tout prendre, qu'est-ce ? Un serment fait d'un peu plus près, une promesse Plus précise, un aveu qui veut se confirmer, Un point rose qu'on met sur l'i du verbe aimer ; C'est un secret qui prend la bouche pour oreille, Un instant d'infini qui fait un bruit d'abeille, Une communion ayant un goût de fleur, Une façon d'un peu se respirer le coeur, Et d'un peu se goûter, au bord des lèvres, l'âme !"
Dunque, nella versione originale non si parla di apostrofi, ma di "un punto rosa" che si mette sulla "i" del verbo aimer ,amare."
(Fotografato su un muro in una periferia, come tante degradata architettonicamente e culturalmente: non commento!)
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