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Discussione: La scuola italiana ha un problema.

          
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    La scuola italiana ha un problema.

    Mille anni fa ho frequentato la scuola elementare e la scuola media in una località della Brianza. Con molto profitto e discreta soddisfazione. Lo affermo per sgombrare il campo da sospetti di pregiudizio o partito preso di carattere campanilista o nazionalista.
    Quando rimpatriai nella Confederazione elvetica e fui inserito nel sistema scolastico allora vigente in Canton Ticino, la mia preparazione disciplinare in quasi tutte le materie era all'altezza di quella dei miei compagni di ginnasio confederati.
    Nel frattempo, purtroppo, è cambiato qualcosa nella scuola italiana. Radicalmente.
    Oggi sono un dirigente scolastico e mi sento di segnalare, seppur nel nostro piccolo, un problema di cui percepisco solo marginalmente gli effetti, ma che intuisco essere di proporzioni colossali e di gravità addirittura cataclismatica. Lo so. L'affermazione è carica d'enfasi, ma temo che sia giustificata.

    Se da una parte leggo su Scuola italiana che ilsistema scolastico della Penisola risulterebbe il più stressante del continente, la percezione che il miopur limitato osservatorio mi permette di avere dei risultati che questo sistema attualmente produce sono deludenti e preoccupanti.

    Tutti gli allievi che negli ultimi cinque anni si sono trasferiti da una scuola italiana all'istituto scolastico in cui opero in Svizzera, e ripeto tutti (stiamo in realtà parlando di un paio di decine di allievi in 5 anni, ma sconcertantemente senza eccezioni rilevanti) hanno sofferto di una grave e diffusa fragilità nella loro preparazione di base, accompagnata da una percezione ingannevole e sopravvalutatissima sia delle loro reali competenze, sia delle loro capacità di studio e d'organizzazione del lavoro personale.
    Sia ben chiaro: non parlo d'intelligenza. Parlo di preparazione generale e di capacità di studiare.
    Potrei aprire una piccola parentesi sulla banalizzazione dell'uso di sostenze stupefacenti e sulla fragilità emotiva, ma è una storia per un'altra occasione.
    In breve. tutti gli allievi provenienti da scuole italiane che si sono inseriti nella scuola in cui lavoro fanno moltissima fatica ad adattarsi alle richieste minime delle varie materie e non raggiungono quasi mai il livello minimo di competenze richiesto per l'ammissione alla scuola media superiore.
    Chiaro, ci sono anche problemi specifici legati alle materie differenti, in particolare le lingue e in special modo il tedesco. ma questo in passato non è mai stato veramente un problema. Oggi invece sembra essere un ostacolo insuperabile.
    Segnalo in particolare un differenziale di preparazione importante in matematica. Segnalo anche ( e mi fa veramente male al cuore perché è sempre stato il fiore all'occhiello della cultura e della scuola italiana) gravi carenze nella formazione culturale, linguistica e umanistica di base.
    Sono piuttosto sconcertato e desolato. Non ho diagnosi da proporre né correttivi geniali. Certamente intuisco che la carenza di investimenti nella scuola, a partire dalla retribuzione e dalle condizioni di lavoro e di formazione dei docenti, siano una delle possibili origini del problema.
    Posso solo limitarmi a rilevare e a segnalare dall'esterno la gravissima situazione in cui versa la scuola italiana, e con essa la formazione di base di un'intera generazione.
    Credo che sia urgente correre ai ripari. Ma se fossi in Italia non saprei da che parte iniziare.

    ... Per citare un famoso testo partenopeo sulla condizione scolastico: "Io speriamo che me la cavo"...
    "non vitae sed scholae discimus" (Seneca, Epistulae morales ad Lucilium, 106, 12)

  2. #2
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    Purtroppo è evidente in tutti i campi, a par mio.
    Io non insegno, mi sarebbe molto piaciuto farlo, ma è andata così. Metto, comunque, in atto altre forme di formazione, soprattutto per i neo laureti che entrano in azienda. L'azienda in cui lavoro è specializzata nell'IT ed ha standard limitanti, come ad esempio la facoltà di provenienza (gruppo STEM) e un voto che deve superare una certa soglia. Si potrebbe aprire un discorso su cio', ma non è il momento giusto per farlo. Tornando alla formazione dei nuovi ingressi, è evidente la differenza di preparazione, ma soprattutto di approccio, di un neolaureato di oggi rispetto ad uno di dieci anni fà o anche cinque anni fà. L'università sta specializzando gli studenti su argomenti ben precisi creando un'elitè che però non combacia a pieno con il mondo lavorativo. Gli studenti si laureano entusiasti per poi riscoprirsi in un modo diverso e nasce l'insoddisfazione.
    Ovviamente, c'è sempre l'eccezione.
    Sembra che ci siano compartimenti stagni dalle scuole elementari fino all'università. Ogni compartimento fa il suo e quello successivo pretende dal precedente.
    Rupert, tu parli di insoddisfazione dei docenti, secondo me c'è molto altro e l'insoddisfazione è solo la punta dell'iceberg.
    Forse, siamo arrivati a questo livello perchè manca la PASSIONE.
    The creatures outside looked from pig to man, and from man to pig, and from pig to man again: but already it was impossible to say which was which.

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    Forse, siamo arrivati a questo livello perché manca la PASSIONE.
    La passione è chiaramente importante. Ma se viene a mancare è necessario chiedersi perché questo avvenga.
    La professione di insegnante (per qualunque ordine scolastico) è sempre più esigente, soprattutto sul piano relazionale e umano. Un docente deve essere anche assistente sociale, infermiere, psicoterapeuta, consulente famigliare, poliziotto, garante delle istituzioni... e a volte anche competente nella materia che insegna.
    A fronte di tutto questo è spesso abbandonato a sé stesso e bersagliato dalle famiglie che pretendono risultati senza per questo essere disposte a collaborare realmente alla correttezza comportamentale dei preziosi virgulti, che sono sempre incredibilmente geniali, infinitamente sensibili ed esizialmente incompresi dai pervicaci insegnanti. Chiaramente enfatizzo un po' la descrizione della situazione. Ma non sono così lontano dalla realtà e credo che chiunque possa percepire le dinamiche sociali in atto su scala mondiale e non solo locale.
    Oltre a questo l'insicurezza genitoriale è generalmente molto rassicurata per mezzo di una valanga di diagnosi che obbligano la scuola (in qualunque Paese dell'Europa e del mondo economicamente avanzati). Sono tutti dislessici, disgrafici, disortografici, discalculici, disprassici... Pare che i disturbi specifici dell'apprendimento siano più contagiosi del Covid. E naturalmente il luogo comune secondo cui Einstein fosse dislessico, per cui tutti i dislessici sono per forza dei geni incompresi, e fortissimamente radicato ed è estremamente confortante per i genitori ansiosi che hanno un argomento invincibile (nella loro convinzione) per rigettare la colpa di qualsisasi insuccesso scolastico sull'incompetenza degli insegnanti e l'inadeguatezza del sistema scolastico.

    Quello appena descritto è un trend generale, che si manifesta fortissimo ovunque, non solo in Italia o in Svizzera. Il vero problema à che in tutto questo groviglio d pressioni è difficile rimanere appassionati se l'istituzione non appoggia chi in essa opera. Retribuzioni scarse, precarietà eretta a sistema, scarsa considerazione esterna nei confronti della professione, da sempre denigrata come quella dei nullafacenti incompetenti vacanzieri per antonomasia.
    Il risultato è che la professione perde prestigio e attrattività. In Svizzera, in particolare in alcuni cantoni di lingua tedesca, ma non solo, è diventato difficile trovare insegnanti, malgrado le retribuzioni siano più che dignitose e in alcuni casi addirittura ragguardevoli.

    Credo che una porzione consistente del problema risieda proprio nella considerazione della professione, nelle condizioni di lavoro e nella retribuzione.
    Forse è ingeneroso da parte mia, ma ritengo che essere insegnante in Italia attualmente richieda qualità eroiche. Semplicemente non ci si può aspettare che il destino della formazione dei giovani di un intero Paese sia lasciato alla volontà eroiche di pochi devoti della causa docente. A fronte di qualche insegnante genuinamente mosso da grande abnegazione e spirito eroico, probabilmente anche denigrato e visto come un pericolo dai colleghi, gli altri, la stragrande maggioranza di tutti i docenti, cercheranno d'arrangiarsi e di sopravvivere al meglio. Con buona pace della qualità dell'insegnamento.
    non si può basare un sistema educativo nazionale sull'eroismo e sull'abnegazione degli insegnanti, come analogamente (ma succede evidentemente anche questo) non si può basare un sistema sanitario sull'eroismo e sull'abnegazione dei medici, degli infermieri e degli operatori sanitari.

    Se si vogliono istituzioni di qualità bisogna investire. Non bastano proclami e roboanti affermazioni di principio.

    Purtroppo investire sulla scuola non è politicamente redditizio. In termini di elettorato è più pagante promettere sgravi fiscali, che progettare investimenti necessariamente miliardari per costruire, ammodernare e risanare scuole o per retribuire quei "fannulloni" di insegnanti.
    Evidentemente l'ignoranza diffusa genera più sessappiglio rispetto alle spese per la formazione delle nuove generazioni.

    La realtà è che in una società ipertecnologizzata e complessa, come le nostre, gli unici investimenti veramente redditizi sono quelli nella formazione. non mi sembra però che nel dibattito politico attuale (o recente, o meno recente) in Italia, questo sia un tema veramente ritenuto importante.

    Io mi limito a constatare con sconforto che la formazione dei ragazzi di scuola media in Italia ne sta soffrendo. Parecchio.
    Certo c'è stata la pandemia, ci sono stati anni sciaguratamente lunghi di DAD, con effetti puntualmente devastanti sulla preparazione scolastica. ma la tendenza è precedente ed è solo stata esasperata dalle circostante, evidenziando quella che secondo me ora si configura come una vera e propria emergenza in uno dei campi che ha sempre costituito un punto di forza della Repubblica Italiana e che oggi mi sembra si configuri come un terribile tallone d'Achille.
    "non vitae sed scholae discimus" (Seneca, Epistulae morales ad Lucilium, 106, 12)

  5. #4
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    Purtroppo a un mese dall'inizio delle lezioni i segnali che mi giungono dai ragazzi che quest'anno sono arrivati da scuole italiane confermano in modo radicale tutto quello che ho affermato in precedenza.

    Non so quanto abbia influito il tragico periodo di DAD a oltranza che è stato osservato in Italia, ma la preparazione di questi pochi malcapitati è (purtroppo) catastrofica.
    Il problema maggiore è che il nostro sistema è un po' più rigido (mi sembra di capire) rispetto a quello italiano e quindi se non si raggiunge un certo livello di competenza soprattutto in matematica e nelle lingue seconde, non c'è modo di accedere al liceo. E l'esperienza mi dice che il genitore italiano non concepisce come accettabile alcuna altra formazione se non quella del liceo.
    In tale circostanza i poveri allievi finiscono per essere esclusi da tutto, perché al liceo non possono andare, mentre i loro genitori non permettono loro di affrontare alcuna altra strada formativa.
    Mi dispiace moltissimo per loro, intrappolati tra le rigidità incrociate...
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  6. #5
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    una modesta proposta

    Quote Originariamente inviato da Rupert Visualizza il messaggio
    Mille anni fa ho frequentato la scuola elementare e la scuola media in una localitÃ* della Brianza. Con molto profitto e discreta soddisfazione. Lo affermo per sgombrare il campo da sospetti di pregiudizio o partito preso di carattere campanilista o nazionalista.
    Quando rimpatriai nella Confederazione elvetica e fui inserito nel sistema scolastico allora vigente in Canton Ticino, la mia preparazione disciplinare in quasi tutte le materie era all'altezza di quella dei miei compagni di ginnasio confederati.
    Nel frattempo, purtroppo, è cambiato qualcosa nella scuola italiana. Radicalmente.
    Oggi sono un dirigente scolastico e mi sento di segnalare, seppur nel nostro piccolo, un problema di cui percepisco solo marginalmente gli effetti, ma che intuisco essere di proporzioni colossali e di gravitÃ* addirittura cataclismatica. Lo so. L'affermazione è carica d'enfasi, ma temo che sia giustificata.

    Se da una parte leggo su Scuola italiana che ilsistema scolastico della Penisola risulterebbe il più stressante del continente, la percezione che il miopur limitato osservatorio mi permette di avere dei risultati che questo sistema attualmente produce sono deludenti e preoccupanti.

    Tutti gli allievi che negli ultimi cinque anni si sono trasferiti da una scuola italiana all'istituto scolastico in cui opero in Svizzera, e ripeto tutti (stiamo in realtÃ* parlando di un paio di decine di allievi in 5 anni, ma sconcertantemente senza eccezioni rilevanti) hanno sofferto di una grave e diffusa fragilitÃ* nella loro preparazione di base, accompagnata da una percezione ingannevole e sopravvalutatissima sia delle loro reali competenze, sia delle loro capacitÃ* di studio e d'organizzazione del lavoro personale.
    Sia ben chiaro: non parlo d'intelligenza. Parlo di preparazione generale e di capacitÃ* di studiare.
    Potrei aprire una piccola parentesi sulla banalizzazione dell'uso di sostenze stupefacenti e sulla fragilitÃ* emotiva, ma è una storia per un'altra occasione.
    In breve. tutti gli allievi provenienti da scuole italiane che si sono inseriti nella scuola in cui lavoro fanno moltissima fatica ad adattarsi alle richieste minime delle varie materie e non raggiungono quasi mai il livello minimo di competenze richiesto per l'ammissione alla scuola media superiore.
    Chiaro, ci sono anche problemi specifici legati alle materie differenti, in particolare le lingue e in special modo il tedesco. ma questo in passato non è mai stato veramente un problema. Oggi invece sembra essere un ostacolo insuperabile.
    Segnalo in particolare un differenziale di preparazione importante in matematica. Segnalo anche ( e mi fa veramente male al cuore perché è sempre stato il fiore all'occhiello della cultura e della scuola italiana) gravi carenze nella formazione culturale, linguistica e umanistica di base.
    Sono piuttosto sconcertato e desolato. Non ho diagnosi da proporre né correttivi geniali. Certamente intuisco che la carenza di investimenti nella scuola, a partire dalla retribuzione e dalle condizioni di lavoro e di formazione dei docenti, siano una delle possibili origini del problema.
    Posso solo limitarmi a rilevare e a segnalare dall'esterno la gravissima situazione in cui versa la scuola italiana, e con essa la formazione di base di un'intera generazione.
    Credo che sia urgente correre ai ripari. Ma se fossi in Italia non saprei da che parte iniziare.

    ... Per citare un famoso testo partenopeo sulla condizione scolastico: "Io speriamo che me la cavo"...

    Come Rupert, mille anni fa ho frequentato la scuola pubblica italiana.
    Figlio di un operaio e una casalinga, ho potuto proseguire gli studi fino alla laurea. Oggi sono un manager.
    Ho tre figli, 22, 20 e 16 anni. Seguendo il loro percorso scolastico ho avuto modo di apprezzare il progressivo deteriorarsi della scuola pubblica.
    Alcuni esempi:
    - supplenti e orari provvisori. Da che ne ho memoria, l'anno scolastico comincia con un orario provvisorio, ore buche e professori supplenti. E' un fenomeno francamente incomprensibile per chi, come me, è abituato a programmare. E' come se un'azienda che produce panettoni venisse sorpresa, ogni anno, dal Natale.
    - preparazione dei docenti. I miei figli hanno avuto professori di spagnolo che non sapevano lo spagnolo, professori di inglese con incomprensibile pronuncia palermitano- inglese, professori di matematica che semplicemente non insegnavano e una professoressa di italiano che era convinta che i bravi, di Manzoni, fossero appunto bravi. Ci andai a parlare ed era semplicemente incapace di comprendere l'ironia di Manzoni. Naturalmente non aveva mai letto i Promessi Sposi prima, nè si era preoccupata di studiare l'argomento. Potrei andare avanti a lungo, e sarebbe una galleria degli orrori. L'ultimo e più drammatico riguarda gli insegnanti di sostegno. Nella mia innocenza credevo che gli insegnanti di sostegno avessero una preparazione specifica. In realtÃ* sono semplicemente chiunque.
    - dotazioni: sono abituato a pagare carta igienica, sapone e fazzoletti ai miei figli. A contribuire a inizio anno per le spese delle scuola. Ovviamente laboratori, attivitÃ* didattiche extra etc sono una chimera.

    I miei figli se la sono cavata e se la cavano brillantemente, supportati da me e mia moglie, entrambi laureati, e da ogni possibile sostegno esterno. Ma il ragazzino che io sono stato, quaranta anni fa, figlio di operai magari immigrati, oggi non avrebbe speranze.
    L'inefficienza della scuola pubblica crea una societÃ* classista che, francamente, mi fa orrore.

    Per deformazione professionale ho provato a capire le radici del problema. Ho individuato queste:
    - il sistema scuola è pensato per tutelare gli insegnanti più che per fornire una adeguata preparazione agli studenti. Una volta vinto il concorso, gli insegnati non devono dare altra prova di sè. Il concorso, peraltro, può valutare la preparazione ma non la capacitÃ* di insegnare.
    - i presidi non hanno reali poteri. La selezione degli insegnanti, le graduatorie etc sono decise dal ministero. Se un insegnante è drammaticamente inadeguato, non lo possono cacciare. L'insegnante che credeva che i bravi fossero bravi, non conosceva il latino e ciò nonostante insegnava latino e italiano in un liceo classico. Sotto la pressione delle nostre proteste, è stata semplicemente spostata di classe.
    - la preparazione degli studenti, non viene misurata, o meglio, viene misurata attraverso i test invalsi, ma questa misurazione non viene usata se non per fini statistici

    La modesta proposta:
    -usiamo i test invalsi (o similari) per misurare la preparazione degli alunni. Stabiliamo un livello minimo. Se una classe è costantemente sotto il livello minimo abbiamo , evidentemente, un problema con l'insegnante. Se una scuola è sotto il livello minimo, evidentemente abbiamo un problema con il preside.
    - diamo tutto il potere ai presidi. Lasciamo che reclutino gli insegnanti e li sostituiscano, se necessario. Se non esercitano correttamente il loro potere, se assumono parenti e amici, lo scopriremo dai test invalsi e li potremo licenziare.
    - i premi e gli incentivi andrebbero alle scuole migliori e ai professori migliori, risolvendo l'annosa questione di una scuola che non premia il merito degli insegnanti.

    In sintesi:
    - il ministero fa i programmi, e controlla i risultati delle scuole, nomina e rimuove i presidi
    - i presidi amministrano

    Naturalmente questi sono solo i principi generali, occorrerebbero anche, ad esempio, pesare le situazioni. Una scuola di Scampia non può essere uguale a una scuola di Monza, servirebbero misure per equalizzare le diverse situazioni etc etc... ma io farei così.
    Buona gioranta

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    Quote Originariamente inviato da kurtz Visualizza il messaggio
    I miei figli se la sono cavata e se la cavano brillantemente, supportati da me e mia moglie, entrambi laureati, e da ogni possibile sostegno esterno. Ma il ragazzino che io sono stato, quaranta anni fa, figlio di operai magari immigrati, oggi non avrebbe speranze.
    L'inefficienza della scuola pubblica crea una società classista che, francamente, mi fa orrore.
    Grazie Kurtz per il tuo appassionato e dettagliato intervento. Come hai potuto facilmente eruire dal mio post iniziale, sono un uomo di scuola e la scuola, come anche la formazione dei giovani e l'amore per le materie che ho studiato e che insegno mi rendono altrettanto appassionato. Lo stato della scuola italiana mi rattrista molto, anche perché io da quella scuola ho ricevuto molto e con molto piacere.

    Quote Originariamente inviato da kurtz Visualizza il messaggio
    Per deformazione professionale ho provato a capire le radici del problema. Ho individuato queste:
    - il sistema scuola è pensato per tutelare gli insegnanti più che per fornire una adeguata preparazione agli studenti. Una volta vinto il concorso, gli insegnati non devono dare altra prova di sé. Il concorso, peraltro, può valutare la preparazione ma non la capacità di insegnare.
    - i presidi non hanno reali poteri. La selezione degli insegnanti, le graduatorie etc. sono decise dal ministero. Se un insegnante è drammaticamente inadeguato, non lo possono cacciare. L'insegnante che credeva che i bravi fossero bravi, non conosceva il latino e ciò nonostante insegnava latino e italiano in un liceo classico. Sotto la pressione delle nostre proteste, è stata semplicemente spostata di classe.
    - la preparazione degli studenti, non viene misurata, o meglio, viene misurata attraverso i test invalsi, ma questa misurazione non viene usata se non per fini statistici.
    Il quadro generale che affreschi nel tuo post mi basisce e rattrista ancora di più di quanto non lo fossi prima, perché in realtà, più che i problemi contingenti (dalla carta igienica alla stabilità statica degli edifici) e di quelli strutturali (formazione e selezione degli insegnanti, organizzazione degli studi, definizione dei contenuti e dei metodi) dalle tue parole intravedo una scarsa attenzione civile e istituzionale nei confronti del problema e una volontà politica di migliorare o almeno intervenire sul sistema di formazione che si manifesta come scarsissima o nulla.

    Il problema è che a medio e lungo termine si tratta di una politica suicida, in termini di Stato e di economia nazionale.
    I cervelli funzionanti tendono a fuggire e andare dove possono effettivamente dare sviluppo alle loro capacità. Questo si ripercuote su tutta il sistema di formazione: la signora che non conosce i bravi manzoniani e insegna ciò che non sa di latino ha frequentato un liceo che le ha concesso una maturità, in virtù della quale ha potuto iscriversi ad un corso di laurea, che le ha attribuito un titolo accademico, che a sua volta le ha permesso di partecipare a un concorso che l'ha selezionata come eccellente, ponendola in cima a una graduatoria che l'ha posta vita natural durante e senza possibilità di rimozione ad operare in una scuola, cha riesce solo a spostare le "peppe tence" da un luogo dove hanno combinato disastri a un altro dove ne combineranno fino a quando non sarà necessario spostarle di nuovo... o fino a quando non rimarranno che "peppe tence". E da qui il circolo si chiude e ricomincia un altro giro vizioso fino all'estesa inettitudine eretta a sistema.
    Questo è un grave problema, perché in termini di concorrenzialità, l'unica risorsa veramente irrimpiazzabile è il know how, in qualunque settore dell'economia e in qualunque campo d'attività.
    Per converso la manovalanza non qualificata è in concorrenza con la manovalanza non qualificata di tutto il resto del mondo e in questo gioco al ribasso e al massacro perdono tutti, ma sopravvive (molto male) chi accetta condizioni di schiavitù e precarietà. Fa male al fegato (chiaramente un blando eufemismo) percepire che chi si trova a guidare il Paese non percepisca quest'emergenza nazionale come grave e urgente.


    Quote Originariamente inviato da kurtz Visualizza il messaggio
    La modesta proposta:
    -usiamo i test invalsi (o similari) per misurare la preparazione degli alunni. Stabiliamo un livello minimo. Se una classe è costantemente sotto il livello minimo abbiamo , evidentemente, un problema con l'insegnante. Se una scuola è sotto il livello minimo, evidentemente abbiamo un problema con il preside.
    - diamo tutto il potere ai presidi. Lasciamo che reclutino gli insegnanti e li sostituiscano, se necessario. Se non esercitano correttamente il loro potere, se assumono parenti e amici, lo scopriremo dai test invalsi e li potremo licenziare.
    - i premi e gli incentivi andrebbero alle scuole migliori e ai professori migliori, risolvendo l'annosa questione di una scuola che non premia il merito degli insegnanti.

    In sintesi:
    - il ministero fa i programmi, e controlla i risultati delle scuole, nomina e rimuove i presidi
    - i presidi amministrano

    Buona gioranta
    Mi permetto di offrirti qualche mia considerazione sulle proposte che avanzi.


    • TEST - I test standardizzati mi trovano piuttosto scettico. possono avere qualche utilità, ma hanno anche moltissimi limiti. per dirla in soldoni i test standardizzati tendono a selezionare chi si adatta (magari artificialmente) alla standardizzazione e non chi è più motivato o più capace.
    • PRESIDI - Sono un dirigente scolastico e intravvedo moltissimi possibili problemi con una autocratizzazione del ruolo di preside. Dal nepotismo spudorato all'arbitrarietà sui modelli d'insegnamento le derive possibili sono infinite. Detto questo anche l'esautorazione completa e di principio non è un buon luogo di partenza. Non credo che ci siano soluzioni semplici. Proporrei comunque di provare almeno ad esplorare la possibilità di attribuire maggiori competenze e maggiori autorità alle province e alle regioni e con essi anche maggiori finanziamenti. (evidentemente io parto da un modello federalista, come quello elvetico).
    • PREMI - È troppo utopico pensare che sia legittimo sperare che la qualità dell'insegnamento possa essere buona e lo possa essere dappertutto? Piuttosto che incentivi e penalità attribuite in modo competitivo, credo che sarebbe più necessaria una selezione degli insegnanti per quello che realmente dimostrano di saper fare in aula Soprattutto dovrebbe essere normale poter licenziare chi non sa esprimere alcuna competenza professionale. In questo senso al preside e ai suoi collaboratori dovrebbe essere attribuito un compito di garanzia e di controllo.


    Offro infine un aneddoto che descrive il divario di percezione culturale del ruolo dell'insegnante oltrepassando la frontiera.
    il direttore scolastico non ha competenza di assunzione dei singoli docenti. Ha però competenza di assumere supplenti per un tempo limitato in caso di necessità, per rispondere alla facilmente comprensibile necessità di assicurare la continuità dell'insegnamento.
    per un'assenza che si preannunciava di media durata (un paio di mesi) ho convocato una ragazza italiana da poco residente in Svizzera e laureata in lingue moderne, che si proponeva come supplente per l'italiano e per il francese. Di bella presenza e con apparenza molto professionale si è presentata subito al colloquio. Senza alcuna volontà di metterla in difficoltà, ma trovando normale che se convoco una docente per insegnare il tedesco, questa sia ben disposta verso una conversazione in tedesco, le ho rivolto la parola nella lingua di Schiller. È sbiancata e visibilmente. Con grande difficoltà ha balbettato una frase sconclusionata e sgrammaticata. Ho subito continuato in italiano, ringraziandola per essere venuta e l'ho immediatamente congedata dicendole che avrei preferito una supplente che sappia la lingua che deve insegnare agli allievi. Si è scusata del malinteso chiaramente in imbarazzo e se n'è andata.
    Povera ragazza. Illusa dalla laurea in lingue moderne, che Dio solo sa come le sia stata attribuita, immaginava di avere i titoli per poter insegnare. Lo stupefacente, per me, almeno, è che non si fosse neppure posta la domanda se ne avesse anche le competenze.
    È un po' come se io fossi convinto di poter essere selezionato come calciatore nella nazionale perché ho acquistato un paio di scarpe da pallone costose e di marca.
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  9. #7
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    Dopo aver letto tutte le vostre interessantissime considerazioni provo anch'io a fornire un piccolo contributo


    Quote Originariamente inviato da kurtz Visualizza il messaggio
    - supplenti e orari provvisori. Da che ne ho memoria, l'anno scolastico comincia con un orario provvisorio, ore buche e professori supplenti. E' un fenomeno francamente incomprensibile per chi, come me, è abituato a programmare. E' come se un'azienda che produce panettoni venisse sorpresa, ogni anno, dal Natale.
    - preparazione dei docenti. I miei figli hanno avuto professori di spagnolo che non sapevano lo spagnolo, professori di inglese con incomprensibile pronuncia palermitano- inglese, professori di matematica che semplicemente non insegnavano e una professoressa di italiano che era convinta che i bravi, di Manzoni, fossero appunto bravi. Ci andai a parlare ed era semplicemente incapace di comprendere l'ironia di Manzoni. Naturalmente non aveva mai letto i Promessi Sposi prima, nè si era preoccupata di studiare l'argomento. Potrei andare avanti a lungo, e sarebbe una galleria degli orrori. L'ultimo e più drammatico riguarda gli insegnanti di sostegno. Nella mia innocenza credevo che gli insegnanti di sostegno avessero una preparazione specifica. In realtÃ* sono semplicemente chiunque.
    - dotazioni: sono abituato a pagare carta igienica, sapone e fazzoletti ai miei figli. A contribuire a inizio anno per le spese delle scuola. Ovviamente laboratori, attivitÃ* didattiche extra etc sono una chimera.


    I miei figli se la sono cavata e se la cavano brillantemente, supportati da me e mia moglie, entrambi laureati, e da ogni possibile sostegno esterno. Ma il ragazzino che io sono stato, quaranta anni fa, figlio di operai magari immigrati, oggi non avrebbe speranze.
    L'inefficienza della scuola pubblica crea una societÃ* classista che, francamente, mi fa orrore.

    - Il fenomeno dell'orario provvisorio va di pari passo con l'italica abitudine a ricorrere al ricorso (la ripetizione è voluta). Si ricorre contro le graduatorie, contro le nomine e sa Dio cos'altro, creando degli enormi ingolfamenti burocratici che sono la cifra principale della pubblica amministrazione italiana.
    - La preparazione dei docenti: aggiungo un aneddoto capitato a un compagno di scuola di mia figlia alle elementari (circa dieci anni fa) che parlando di Hitler disse che era morto suicida e venne ripreso dalla "maestra" (virgolette d'obbligo) che sostenne che non era possibile data la personalità del soggetto
    - Più che la carta igienica siamo ormai al contributo volontario, caldamente richiesto e raccomandato, per cui esiste un apposito percorso dal sito della scuola a quello dei pagamenti della Pubblica Amministrazione.


    La scuola italiana è fatta di molta buona volontà da parte di quei pochi che la vivono come una missione e molto menefreghismo da parte di chi la considera una sorta di disturbo necessario ad arrivare al 27 del mese o, peggio ancora, per chi la vive come una punizione del destino che non ha riservato loro un posto nella società più prestigioso e meglio remunerato.
    E il classismo di cui parla Kurtz comincia già nel momento in cui si sceglie la scuola ... ho avuto la fortuna/sfortuna di mandare le mie figlie alla scuola dell'obbligo in quel ghetto per ricchi che è il quartiere di Milano Due a Segrate e se da un lato la fortuna stava nel fatto di avere ottimi insegnanti (a parte quella di cui sopra) la sfortuna è stata quella di conoscere da vicino lo snobismo classista dei genitori che è sfociato in terza media quando facevano a gara per mandarli nelle scuole (pubbliche) più prestigiose al di là di ogni ragionevole dubbio o intenzione del ragazzo. La campionessa di questo sport l'ho sentita con le mie orecchie dire a una cena di fine scuola materna (!) "I miei figli non potranno che andare al Berchet, sennò cosa studiano a fare?"






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    Il problema è che a medio e lungo termine si tratta di una politica suicida, in termini di Stato e di economia nazionale.
    I cervelli funzionanti tendono a fuggire e andare dove possono effettivamente dare sviluppo alle loro capacità. Questo si ripercuote su tutta il sistema di formazione: la signora che non conosce i bravi manzoniani e insegna ciò che non sa di latino ha frequentato un liceo che le ha concesso una maturità, in virtù della quale ha potuto iscriversi ad un corso di laurea, che le ha attribuito un titolo accademico, che a sua volta le ha permesso di partecipare a un concorso che l'ha selezionata come eccellente, ponendola in cima a una graduatoria che l'ha posta vita natural durante e senza possibilità di rimozione ad operare in una scuola, cha riesce solo a spostare le "peppe tence" da un luogo dove hanno combinato disastri a un altro dove ne combineranno fino a quando non sarà necessario spostarle di nuovo... o fino a quando non rimarranno che "peppe tence". E da qui il circolo si chiude e ricomincia un altro giro vizioso fino all'estesa inettitudine eretta a sistema.
    Questo è un grave problema, perché in termini di concorrenzialità, l'unica risorsa veramente irrimpiazzabile è il know how, in qualunque settore dell'economia e in qualunque campo d'attività.
    Per converso la manovalanza non qualificata è in concorrenza con la manovalanza non qualificata di tutto il resto del mondo e in questo gioco al ribasso e al massacro perdono tutti, ma sopravvive (molto male) chi accetta condizioni di schiavitù e precarietà. Fa male al fegato (chiaramente un blando eufemismo) percepire che chi si trova a guidare il Paese non percepisca quest'emergenza nazionale come grave e urgente.

    La cosa che più mi rattrista e che mi spinge spesso a dire alle mie figlie che credo sia il caso di considerare seriamente un loro futuro lontano da questo Paese è che chi si trova a guidarlo non è che non percepisca quest'emergenza nazionale come grave e urgente ma semplicemente fonda il suo perpetuarsi al potere proprio facendo sì che la classe dirigente del futuro sia parte di quella èlite che ha accesso a canali formativi diversi e più efficienti di quelli derelitti della scuola pubblica.
    E il fatto che la manovalanza non qualificata sia in concorrenza con la manovalanza non qualificata di tutto il resto del mondo è semplicemente parte dello stesso disegno perché tutto ciò che sta al di sotto di una linea di galleggiamento sempre più alta non riveste alcun interesse per chi ne sta abbondantemente al di sopra.
    Io vivo nell'hinterland milanese e qui, più che altrove, si ha la netta percezione di come la società italiana sia inesorabilmente viaggiando verso un modello in cui non esisterà più un ceto medio ma soltanto una piccola parte di popolazione indecentemente ricca a cui farà da contraltare una stragrande maggioranza di persone collocate sul pericoloso crinale della soglia di povertà.
    Non è vero che ti fermi quando invecchi, ma invecchi quando ti fermi.

  10. #8
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    Dopo aver letto tutte le vostre interessantissime considerazioni provo anch'io a fornire un piccolo contributo



    - Il fenomeno dell'orario provvisorio va di pari passo con l'italica abitudine a ricorrere al ricorso (la ripetizione è voluta). Si ricorre contro le graduatorie, contro le nomine e sa Dio cos'altro, creando degli enormi ingolfamenti burocratici che sono la cifra principale della pubblica amministrazione italiana.
    Per il mio istituto sono io personalmente ad occuparmi degli orari. È un mio limite personale dovuto al mio carattere ansioso, ma non riesco a partire per la pausa estiva, che a dispetto dei luoghi comuni sugli insegnanti è decisamente corta, se prima non ho prodotto un orario funzionante. È chiaro che affinché questo sia possibile è necessario che siano già stabiliti e assegnati definitivamente gli insegnanti e che non ci siano stravolgimenti nel numero delle sezioni. Assicuro però che è possibile avere un orario agibile prima dell'inizio della scuola.
    Anche da noi l'orario delle prime due settimane è formalmente provvisorio. Ma raramente è necessario fare più di qualche ritocco marginale.
    Aggiungo una nota di colore. Da noi la scuola inizia nella settimana in cui cade il 1° settembre. Quest'anno le lezioni sono iniziate lunedì 29 agosto. A quell'epoca dell'anno le librerie e le case editrici sono ancora chiuse e irraggiungibili. È sempre necessario aspettare (talvolta anche parecchio) per poter ottenere i libri editi in Italia e in uso nelle nostre scuole. Visto che l'editoria italiana sopravvive soprattutto grazie alle edizioni scolastiche, trovo assai bizzarro che non sia mai stato possibile alterare i ritmi di lavoro nelle aziende che producono testi e materiali scolastici. Si sopravvive lo stesso perché per fortuna esistono anche sistemi alternativi e la nostra dipendenza dall'editoria italiana è limitata a poche materie.

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    - La preparazione dei docenti: aggiungo un aneddoto capitato a un compagno di scuola di mia figlia alle elementari (circa dieci anni fa) che parlando di Hitler disse che era morto suicida e venne ripreso dalla "maestra" (virgolette d'obbligo) che sostenne che non era possibile data la personalità del soggetto
    - Più che la carta igienica siamo ormai al contributo volontario, caldamente richiesto e raccomandato, per cui esiste un apposito percorso dal sito della scuola a quello dei pagamenti della Pubblica Amministrazione.


    La scuola italiana è fatta di molta buona volontà da parte di quei pochi che la vivono come una missione e molto menefreghismo da parte di chi la considera una sorta di disturbo necessario ad arrivare al 27 del mese o, peggio ancora, per chi la vive come una punizione del destino che non ha riservato loro un posto nella società più prestigioso e meglio remunerato.
    Come ho spesso detto, anche in questa sede. Non è ammissibile che la scuola debba dipendere dalla buona volontà di vi opera in modo eroico. E magari sopportare anche la critica per cui l'insegnamento deve essere una vocazione e quindi l'insegnante è reprensibile se si lamenta e non lavora in modo eroico.


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    E il classismo di cui parla Kurtz comincia già nel momento in cui si sceglie la scuola ... ho avuto la fortuna/sfortuna di mandare le mie figlie alla scuola dell'obbligo in quel ghetto per ricchi che è il quartiere di Milano Due a Segrate e se da un lato la fortuna stava nel fatto di avere ottimi insegnanti (a parte quella di cui sopra) la sfortuna è stata quella di conoscere da vicino lo snobismo classista dei genitori che è sfociato in terza media quando facevano a gara per mandarli nelle scuole (pubbliche) più prestigiose al di là di ogni ragionevole dubbio o intenzione del ragazzo. La campionessa di questo sport l'ho sentita con le mie orecchie dire a una cena di fine scuola materna (!) "I miei figli non potranno che andare al Berchet, sennò cosa studiano a fare?"

    La cosa che più mi rattrista e che mi spinge spesso a dire alle mie figlie che credo sia il caso di considerare seriamente un loro futuro lontano da questo Paese è che chi si trova a guidarlo non è che non percepisca quest'emergenza nazionale come grave e urgente ma semplicemente fonda il suo perpetuarsi al potere proprio facendo sì che la classe dirigente del futuro sia parte di quella élite che ha accesso a canali formativi diversi e più efficienti di quelli derelitti della scuola pubblica.
    In questo caso devi convincere le tue figlie a studiare veramente le lingue, non come fine, ma come strumento. L'unico modo per farlo efficacemente è andare sul posto. Molti miei conterranei hanno maledetto fieramente il fatto che per una minoranza linguistica come la nostra sia quasi inevitabile andare a studiare in tedesco o in francese nella Svizzera interna. Nessuno però si è lamentato a posteriori di essere fluente in una o in più lingue. Il mio narcisismo intellettuale si fa gran vanto d'aver conseguito un master bilingue in Lettere e potendo aggiungere a quelle due anche la terza, che in realtà è la lingua madre.


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    E il fatto che la manovalanza non qualificata sia in concorrenza con la manovalanza non qualificata di tutto il resto del mondo è semplicemente parte dello stesso disegno perché tutto ciò che sta al di sotto di una linea di galleggiamento sempre più alta non riveste alcun interesse per chi ne sta abbondantemente al di sopra.
    Io vivo nell'hinterland milanese e qui, più che altrove, si ha la netta percezione di come la società italiana sia inesorabilmente viaggiando verso un modello in cui non esisterà più un ceto medio ma soltanto una piccola parte di popolazione indecentemente ricca a cui farà da contraltare una stragrande maggioranza di persone collocate sul pericoloso crinale della soglia di povertà.
    L'educazione costa. È un dato di fatto. E una buona educazione costa molto. È chiaro che una scuola privatizzata farebbe girare quantità enormi di soldi, che confluirebbero nell'economia privata. È altrettanto chiaro che alcune visioni politiche e alcune corrispondenti visioni della società vedrebbero di buon occhio questo enorme giro d'affari. Ed è ancora più chiaro che una simile soluzione riporterebbe la società allo stato in cui si trovava prima e durante la rivoluzione industriale. La vera scuola, quella in cui si impara veramente qualcosa e che fornisce competenze veramente spendibili, sarebbe quella per chi può sostenerne i costi, i ricchi, gli altri dovrebbero accontentarsi di una scuola che "forma" manodopera a basso prezzo.
    In questo modo però si può subito dire addio alla qualità della ricerca scientifica di quel malcapitato stato e anche al livello delle sue istituzioni democratiche (chiaramente d'ostacolo in un modello scolastico ultraliberista) e della creazione culturale, intesa nel senso più ampio possibile, dal cinema alle canzoni pop, passando dalle orchestre e dai musei.
    Possibile che questi, che non sono esattamente dettagli marginali, sfuggano ai più?
    "non vitae sed scholae discimus" (Seneca, Epistulae morales ad Lucilium, 106, 12)

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    Una correzione di prospettiva. Forse.

    È appena stata pubblicata la statistica_2022_sulla scuola_in Canton Ticino che può avere qualche interesse.

    La correzione di prospettiva rispetto a quanto affermo nei post precedent (che rimangono validi per quanto riguarda la mia percezione e la mia motivazione) è dovuta al fatto che forse la situazione del Canton Ticino all'interno della Confederazione Elvetica, vale a dire quello di cantone periferico di minoranza linguistica, obbliga gli studenti ticinesi a competere in modo acceso con i compagni del resto della Svizzera per l'accesso alle possibili formazioni scolastiche e professionali post obbligatorie. Quindi per forza di cose il livello delle richieste in Ticino è proporzionalmente elevato.
    Ciò mette ulteriormente in difficoltà gli studenti del medio e medio superiore italiani che si trasferiscono in Ticino.
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  14. #10
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    L'educazione costa. È un dato di fatto. E una buona educazione costa molto. È chiaro che una scuola privatizzata farebbe girare quantità enormi di soldi, che confluirebbero nell'economia privata. È altrettanto chiaro che alcune visioni politiche e alcune corrispondenti visioni della società vedrebbero di buon occhio questo enorme giro d'affari. Ed è ancora più chiaro che una simile soluzione riporterebbe la società allo stato in cui si trovava prima e durante la rivoluzione industriale. La vera scuola, quella in cui si impara veramente qualcosa e che fornisce competenze veramente spendibili, sarebbe quella per chi può sostenerne i costi, i ricchi, gli altri dovrebbero accontentarsi di una scuola che "forma" manodopera a basso prezzo.
    In questo modo però si può subito dire addio alla qualità della ricerca scientifica di quel malcapitato stato e anche al livello delle sue istituzioni democratiche (chiaramente d'ostacolo in un modello scolastico ultraliberista) e della creazione culturale, intesa nel senso più ampio possibile, dal cinema alle canzoni pop, passando dalle orchestre e dai musei.
    Possibile che questi, che non sono esattamente dettagli marginali, sfuggano ai più?
    Il mondo intero sta tornando a prima della Rivoluzione Industriale, basta guardarsi in giro e leggere due statistiche su come si stia sempre più allargando la "forbice" che c'è nelle microrealtà (divario di stipendio fra manager e impiegati di una stessa azienda) e nei macrosistemi (divario fra le sostanze possedute da pochissimi ultraricchi e quelle a disposizione di un abnorme numero di indigenti nel mondo) per capire che la società si sta lentamente ma inesorabilmente riposizionando secondo una polarizzazione estrema in cui non esisternno più un ceto medio e, men che meno, un minimo di ascensore sociale.
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  16. #11
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    Quote Originariamente inviato da Mauro Visualizza il messaggio
    Il mondo intero sta tornando a prima della Rivoluzione Industriale, basta guardarsi in giro e leggere due statistiche su come si stia sempre più allargando la "forbice" che c'è nelle microrealtà (divario di stipendio fra manager e impiegati di una stessa azienda) e nei macrosistemi (divario fra le sostanze possedute da pochissimi ultraricchi e quelle a disposizione di un abnorme numero di indigenti nel mondo) per capire che la società si sta lentamente ma inesorabilmente riposizionando secondo una polarizzazione estrema in cui non esisteranno più un ceto medio e, men che meno, un minimo di ascensore sociale.

    Verissimo. Quoto in pieno.
    Quello però di cui non riesco assolutamente a capacitarmi e che tutto ciò avviene con il consenso a volte tacito e spesso addirittura entusiasta proprio di quelli che hanno più da perderci. Non riesco a capire se si tratta di estrema arroganza, poiché ognuno pensa di poter far parte dell'élite super-ristretta (che a quel punto non si capisce come potrebbe essere così ristretta) e quindi non abbia bisogno della ridistribuzione della ricchezza, oppure così rimbecillita da credere alle favole dell'iperliberismo e della ricchezza percolante (Trickle-Down-Economics) di chi favorisce i ricchi penalizzando chi lavora veramente. O forse i due fenomeni si mescolano bene e congiungono i loro esiziali effetti mietendo consensi autolesionisti in tutte le parti del ondo.

    Come si fa a non capire che ti stanno facende cornuto e contento, per dirla alla vecchia maniera... .
    "non vitae sed scholae discimus" (Seneca, Epistulae morales ad Lucilium, 106, 12)

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  18. #12
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    Programmi obsolet e classi-pollaio

    Cercando altro sono incoccato in Questo articolo de Il Sole 24 Ore, che, aldilà dell'anglismo eretto a sistema, mi sembra tragicamente interessante.

    lungi dal condividere la visione strettamente utilitaristica del giornale economico e le sue ricette ultrafunzionalistiche, credo che sia difficile confutare la diagnosi sulla natura dei malanni della scuola italiana e sulla loro gravità.
    "non vitae sed scholae discimus" (Seneca, Epistulae morales ad Lucilium, 106, 12)

  19. #13
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    Aggiungo alla discussione anche questo contributo di Andrea Gavosto, direttore della Fondazione Agnelli.
    Purtroppo, e questo è un malvezzo che non cesserò mai d'esecrare per quanto riguarda gli articoli pubblicati in rete, la pubblicazione non è datata. È certamente di quest'anno perché vi sono citati i risultati delle prove INVALSI 2022, ma non vi sono ulteriori precisazioni cronologiche.


    E aggiungo pure questo, tratto da Repubblica del 10.11.2022.
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  20. #14
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    Era da un po’ che volevo partecipare a questa discussione, ma davvero il tempo mi sta scivolando tra le dita. Non so se sapete ma quest'anno ho superato il Concorso ordinario e sono entrata di “ruolo”. Al momento lavoro sia in una scuola tecnica che in una professionale e allo stesso tempo sto svolgendo l’anno di prova, prima di essere assunta definitivamente.
    L’anno di prova consiste in varie attività didattiche supervisionate da un Tutor, (con visite a sorpresa del Dirigente), da 20 ore di formazione online e al termine di questo percorso un colloquio e un test finali. Se non dovessi superare questi ultimi due passaggi, avrò ancora un anno per riprovare e poi stop. Per quanto si dica che con un Concorso si venga assunti, mi ritrovo ad essere parecchio in ansia per questo anno.

    Riguardo la mia piccola e umile esperienza nella scuola, ho sempre trovato i miei colleghi preparatissimi, bravissimi e soprattutto con un gran senso civico e una gran voglia di insegnare, quindi, a volte, per me le polemiche lasciano il tempo che trovano.

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