“La taverna del Doge Loredan” del 1980, “Rumba” del 2002 ed “Il ponte della solita ora” del 2006.
Non parlerò delle trame, ma mi piace comunicare le sensazioni che mi hanno lasciato, perché in fondo è su questo che dobbiamo riflettere se vogliamo dare un senso a ciò che leggiamo.
Ecco, allora, che se penso a questi romanzi avverto un coinvolgimento di tutti i miei sensi. Con la fantasia vedo una donna bellissima da cercare, sia essa di due secoli fa , oppure degli anni ’50 o ancora dei nostri giorni (nell’ordine dei tre libri citati), reale e presente o sfuggente ed idealizzata. Ne sento la voce di donna appassionata, innamorata, a volte disperata, ossessiva, a volte inebriante come un soffio che lascia un profumo, una fragranza che è una fugace illusione. Dopo ogni romanzo resta una sensazione di dolce ed amaro allo stesso tempo , come succede quando una donna mi coinvolge in modo totale. Ed alla fine della lettura quando chiudo il libro e ne accarezzo la copertina sento che mi ha lasciato qualcosa.
Il filo conduttore è sempre lo stesso: il desiderio, desiderio di sesso, di amore, desiderio di innamorarsi e perdersi nell’amore. Naturalmente non sto parlando di romanzi rosa.
“La taverna del Doge Loredan” è un romanzo libertino, misterioso, con trovate molto fantasiose come lo sviluppo di due trame parallele a due secoli di distanza tra loro, che però si intrecciano in modo inaspettato e sconcertante.
“Rumba” è un bel giallo classico anni ’50, ambientato in Brasile, in cui emerge chiaramente la passione dell’autore per i romanzi polizieschi americani hard boiled, associata alla sensualità latino-americana.
Entrambi sono molto avventurosi, con colpi di scena e situazioni intriganti. Non dimentichiamo che Ongaro ha collaborato a lungo con Hugo Pratt.
Un po’ diverso è “Il ponte della solita ora”, un noir in parte introspettivo ambientato nella Venezia dei nostri giorni.
Ma al di là di tutto, ciò che lega questi romanzi, per me, resta oltre il senso dell’avventura, la ricerca del personale falcone maltese, la metafora “ di tutto ciò che si insegue e non si raggiunge, di tutto ciò che si rivela ingannevole se per un miracoloso momento si riesce a stringere in mano”.
Il tutto scritto con stile, leggerezza, ma anche amarezza e speranza, perché forse, chissà, “ tutto quello che si scrive esiste da qualche parte”.
Storie intricate di amore, sofferenza, abbandono, speranza, illusione , morte, disincanto. Passione e bisogno di aggrapparsi al ricordo, il cui corollario naturale diventa la ricerca ossessiva, come se fosse l’unico modo per sentirsi vivo.
La fantasia più pura ispira i personaggi. Le situazioni pur inquadrate nel tempo sono estraniate dal contesto storico nel quale si svolgono.
Null’altro conta se non la ricerca dell’oggetto del desiderio, la necessità di soddisfare il proprio bisogno affettivo ed emotivo.
E’ la quintessenza della libertà della fantasia. E’ il sogno.
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