"Il mio piano era chiaro, conciso e sensato, credo. Per molti anni ho viaggiato in molte parti del mondo. In America, io vivo a New York, capito a Chicago o a San Francisco. Ma New York non è America, allo stesso modo in cui Parigi non è Francia e Londra non è Inghilterra. Così scoprii che non conoscevo il mio paese. »
Ho letto Viaggio con Charley di John Steinbeck e lo consiglio, lettura piacevole con ritmo veloce e allegro, ricca di osservazioni interessanti.
Un uomo maturo, un vecchio cane francese, una casa mobile dotata di tutto il necessario e soprannominata Ronzinante: ecco gli ingredienti di questo bel romanzo "on the road", che narra del viaggio compiuto dall'autore nel 1962, quando aveva 58 anni.
Un viaggio alla riscoperta del suo paese, quell'America di cui tanto ha scritto, da New York al Texas, con una puntatina in Canada, guidato dal suo intuito, abilissimo nel cogliere l'atmosfera dei tempi che cambiano. Tanti incontri casuali e bizzarri con i filosofi della strada che offrono al viaggiatore la loro incontrastata verità e che diventano pagine memorabili, come memorabili sono i suoi monologhi con il fido Charley, il cagnolino presentato con la dignità di un essere pensante nei suoi gesti quotidiani.
La targa di New York incuriosisce non poco, tutti invidiano l’uomo della Grande Mela, tutti vorrebbero andare là, nella metropoli, mentre egli ne è fuggito alla ricerca di qualcosa di diverso.
L'ultima tappa del viaggio, il Texas, lo pone a contatto con la questione razziale, e le scene di odio, incomprensione e diffidenza tra bianchi e neri fiaccano il viaggiatore ormai stanco, e il viaggio che era iniziato nella sua testa molto prima della reale partenza, si conclude lì, con l'unico desiderio di tornare a casa il più presto possibile.
Steinbeck è stato accusato di essersi inventato il viaggio, di non averlo realmente compiuto.
« A un tratto mi fermai accosto al marciapiede, in divieto di sosta, spensi il motore, mi appoggiai allo schienale e scoppiai a ridere, e non mi fermai più... Un poliziotto all'antica, con un bel viso rosso e gelidi occhi azzurri si chinò su di me. "Che succede, amico?" Bevuto?" chiese.
Io dissi:"Agente, ho guidato questo arnese per tutto il paese, montagne, pianure, deserti. E ora che son tornato nella città mia, dove vivo, sono sperso".
Mi fece un bel sorriso. "Non ci badi, amico" disse. "Sabato mi sono perso anch'io, a Brooklin. Via, dov'è che lei vuol andare?"
E fu così che il viaggiatore ritornò a casa sua."
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