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E’ un romanzo dove Simenon racconta la storia di due fratelli diversissimi tra loro e nella quale rivede in qualche modo il suo rapporto con il fratello Christian, un romanzo scritto sotto l’impulso da parte dell’autore di dover espiare una colpa e il fondo della bottiglia del titolo l’ho letto proprio come immagine della coscienza. In realtà ho letto tutto il romanzo sotto questa chiave di lettura, probabilmente perché impressionata dalla vicenda personale dello scrittore, e ho trovato questo romanzo splendidamente potente nella sua dimensione cupa, opprimente, avvolgente, sincera. Questo romanzo è stato scritto a Tumacacori ed è ambientato a Nogales, lungo le sponde del fiume Santa Cruz, al confine tra Stati Uniti e Messico, che è anche il confine tra due mondi opposti: da una parte ci sono i proprietari facoltosi di ranch, dall’altra zone di degrado e povertà, da una parte c’è P.M. stimato avvocato e dall’altra c’è il fratello minore Donald, evaso dal carcere e che vuole superare il confine. Quando i due fratelli si ritrovano dopo tanti anni emergono antichi rancori, il tutto reso ancora più claustrofobico dall’effetto soporifero del wisky e dal fumo del sigaro, dalle sottili seduzioni e dalle sospettose congetture fatte dai rancheros confinanti, dalle piogge incessanti che ingrossano il fiume e costringono ad una convivenza forzata che porta ad una tensione via via crescente e che svela piano piano le apparenze dei rapporti. Anche qui, come nel romanzo che ho letto precedentemente a questo, Simenon rompe le fragili sicurezze familiari e sociali per scavare fino alle profondità più vere, rompe gli argini e lascia che l’acqua melmosa scorra. Un romanzo per me stupendo, ascoltato in audiolibro dove le musiche e la voce narrante hanno accentuato l’atmosfera di una terra e di una natura selvaggia, in sincronia con i tumulti dell’animo dei protagonisti.