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10 Agosto 2018
Scorreva un vento caldo sugli abeti
tenebrosi da secoli, e portava
da fondali africani un grido lungo
come un corno da caccia. Solo il tonfo
delle pigne ritmava il suo ruggito
lontano, quasi musica, e rasente
il disco della luna, rari uccelli
notturni sciabolati sul confine
d'ombra e di luce qui da te giungevano
a portare messaggi che ora il tempo
mi esalta e mi confonde. Fu una notte
di aspettazione, e lento San Lorenzo
si annunciava con pianti di comete,
gigli che si sfogliavano nel buio
senza mani a raccoglierli. Passavano
lungo il tratturo i cani dei pastori,
neri dentro la tenebra dei pini,
i cani, occhi provvidi del giorno
e ora anime perse, inquieti lemuri
dell'estate che scavano entro zone
precluse il loro grido di rivolta,
e da millenni lo affidano al canto
delle sorgenti in corsa verso il mare.
MARIA LUISA SPAZIANI
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16 agosto 2018
Crollano i sogni
crollano i ponti
crollano gli occhi di chi ancora aveva un avvenire.
Si sbriciola tutto
sotto il non amore
sotto l'incuranza dell'uomo
che cuore non sa.
Lorenzo Meozzi
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Emozionatevi.
Non passate
nessun giorno
senza un rischio.
Andate al dunque.
Esagerate.
Il pericolo più grande
è la prudenza, il calcolo.
Siate sfrenati
nei sensi
e nell'immaginazione.
Buttate via le copie
di voi stessi. Dedicatevi
agli atti unici. Servite
il dolore degli altri
ma non umiliate i vostri sogni.
Ogni vostra giornata
è il vostro regno:
convocate l'ebbrezza
e la ragione,
l'invisibile
e la buona azione.
Franco Arminio
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9 gennaio 2019
Ho messo il mio sogno su una nave
e la nave sul mare;
dopo, ho aperto il mare con le mani
per far naufragare il mio sogno.
Le mie mani sono ancora bagnate
dall’azzurro delle onde semiaperte,
e il colore che scorre dalle mie dita
colora le spiagge deserte.
Il vento viene da lontano,
la notte si curva dal freddo;
sott’acqua sta morendo
il mio sogno, dentro una nave.
Piangerò quanto sarà necessario
affinché il mare possa crescere
e la mia nave arrivi al fondo
e il mio sogno scompaia.
Cecilia Meireles
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foto presa dal web
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25 gennaio 2019
La bambina dei libri
Di te non so il nome
né con esattezza gli anni.
Ti ho conosciuta solo in foto
uno scatto tra tanti, veloce
come una raffica di mitraglia
perché a Gaza, tra le macerie, la vita
è un filo da cogliere al volo,
prima che si spezzi.
Esile, nel tuo vestitino verde
che a dispetto del nero delle bombe
illumina della luce che hai in cuore
l’incarnato e gli occhi,
quel tuo visetto di bambina
senza infanzia, senza giovinezza,
stupito solo di essere scampata.
Chissà quali labbra domani
baceranno i tuoi capelli. Chissà
se dalla crisalide nascerà all’amore
la donna farfalla. Chi può dirlo?
A Gaza la storia non eredita gli anni
ma un tempo che reputa fortuna
vivere da un sole a un sole.
Oh bambina dei libri
la sorte ti ha portato oltre il mare
in case dove si muore di vecchiaia
e il possesso fa dei nostri cuori pietre.
Le tue mani strette ai sillabari
più di ogni fucile annienteranno
la protervia che nega le tue primavere,
l’ottusa indifferenza dai nostri petti.
Vladimiro Forlese
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8 marzo 2019
Lei non vive che per la sua forma
Lei ha la forma di uno scoglio
Lei ha la forma del mare
Lei ha i muscoli di un rematore
Tutte le spiagge la plasmano
Le sue mani si aprono su una stella
I suoi occhi nascondono il sole
Un’acqua lavata il fuoco bruciato
Calma profonda calma creata
Che incarna l’alba e il tramonto
Per averne conosciuto il fondo
Io servo la forma dell’amore
Non è mai la stessa
Servo dei ventri e delle fronti
Che si cancellano e si trasformano
Fresca stagione calda promessa
Lei è alla misura dei fiori
E delle ore e dei colori
Livello di forza e di debolezza
Lei è la mia perdita di coscienza
Ma io rifiuto il suo inverno.
Paul Éluard
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foto presa dal web
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11 aprile 2019
Ieri è stato mercoledì tutta la mattina.
Nel pomeriggio è cambiato:
era quasi un lunedì,
la tristezza ha invaso i cuori
e c’è stato un chiaro
moto di panico verso i
tram
che portano i bagnanti al fiume.
Intorno alle sette ha attraversato il cielo
un lento aeroplanino, e neppure i bambini
sono rimasti a guardarlo.
Si è spaccato
il freddo,
qualcuno è sceso in strada con il cappello,
ieri, e tutto il giorno
è stato uguale,
vedi,
che divertimento,
ieri e ancora ieri e così fino ad ora,
mentre andava di continuo per le vie
gente sconosciuta,
o dentro casa a fare merenda
pane e caffelatte, che
allegria!
La sera è scesa prontamente e si sono incendiate
calde luci gialle,
e nulla ha potuto
impedire che infine albeggiasse
il giorno di oggi,
così simile
ma
così diverso per luce e profumo!
Per questo,
perché è come dico io,
lasciatemi parlare
di ieri, una volta ancora
di ieri: il giorno
unico che nessuno mai
tornerà a vedere sopra la terra.
Ángel González
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25 aprile 2019
Dove siete, partigia di tutte le valli,
Tarzan, Riccio, Sparviero, Saetta, Ulisse?
Molti dormono in tombe decorose,
quelli che restano hanno i capelli bianchi
e raccontano ai figli dei figli
come, al tempo remoto delle certezze,
hanno rotto l’assedio dei tedeschi
là dove adesso sale la seggiovia.
Alcuni comprano e vendono terreni,
altri rosicchiano la pensione dell’Inps
o si raggrinzano negli enti locali.
In piedi, vecchi: per noi non c’è congedo.
Ritroviamoci. Ritorniamo in montagna,
lenti, ansanti, con le ginocchia legate,
con molti inverni nel filo della schiena.
Il pendio del sentiero ci sarà duro,
ci sarà duro il giaciglio, duro il pane.
Ci guarderemo senza riconoscerci,
diffidenti l’uno dell’altro, queruli, ombrosi.
Come allora, staremo di sentinella
perché nell’alba non ci sorprenda il nemico.
Quale nemico? Ognuno è nemico di ognuno,
spaccato ognuno dalla sua propria frontiera,
la mano destra nemica della sinistra.
In piedi, vecchi, nemici di voi stessi:
La nostra guerra non è mai finita.
23 luglio 1981
Primo Levi
(da Ad ora incerta, 1984)
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26 ottobre 2019
Se non hai
tanta fretta
potresti renderti conto di molte più cose.
Se sei un uomo
scopriresti
che la donna che porti dentro sogna
di poter mettersi a piangere
e se sei una donna
che l’uomo che porti dentro sogna
di poter rendere conto
della tua fragilità sprecata
Scopriresti
che quasi tutto quello che rimproveri agli altri
è un rimprovero che hai evitato di farti
Se ti dessi il tempo di contemplare
il tappeto del paesaggio che hai tessuto con la tua vita
potresti scoprire molti sentieri che hai saltato
ai quali non potrai tornare
E forse grazie alla tua scoperta
smetteresti di far correre il giorno
per raggiungere velocemente la notte
smetteresti di scavalcare l’inverno
per arrivare in fretta all’estate
e con questo sapere
allungheresti in modo considerevole la tua vita.
Maria Wine
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1 allegato(i)
27 gennaio 2020
SICURI NELLE VOSTRE TIEPIDE CASE
all’uomo comune davanti alla tv il 27 gennaio
Annoiato dal Giorno della Memoria
lui che tutti i santi giorni dell’anno
mai si annoia dell’insulso dejà vu della tv
giunta per una volta la fine di gennaio
“ancooora?” dice e cambia canale
per guardare anziché storia di orrori
horrori con l’h, come vi aveva ben previsti
Primo Levi voi che vivete sicuri nelle vostre
tiepide case a sera con scolpito dentro il cuore niente.
Vivian Lamarque
Allegato 5633
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Forse una dolce sera
qualcuno mi vedrà passare
come io, stasera, e quasi ne ho paura,
confuso in questo sogno senza sonno,
riascolto, alto nell'aria,
un battito severo:
la punta del bastone di mio nonno.
Chissà se c'è un angolo nel mondo,
un punto dove il tempo prende fiato,
per vedere, come vedo queste scarpe,
vivi e veri i volti dei passanti,
da secoli già morti.
Cosa non si fa, amica cara,
per rovesciare tutto con amore,
per sentirsi a galla,
sepolti in fondo al mare delle stelle,
così fragili
e così per sempre.
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1 aprile 2020
Su cento persone:
che ne sanno sempre più degli altri
– cinquantadue;
insicuri a ogni passo
– quasi tutti gli altri;
pronti ad aiutare,
purché la cosa non duri molto
– ben quarantanove;
buoni sempre,
perché non sanno fare altrimenti
– quattro, be’, forse cinque;
propensi ad ammirare senza invidia
– diciotto;
viventi con la continua paura
di qualcuno o qualcosa
– settantasette;
dotati per la felicità,
– al massimo non più di venti;
innocui singolarmente,
che imbarbariscono nella folla
– di sicuro più della metà;
crudeli,
se costretti dalle circostanze
– è meglio non saperlo
neppure approssimativamente;
quelli col senno di poi
– non molti di più
di quelli col senno di prima;
che dalla vita prendono solo cose
– quaranta,
anche se vorrei sbagliarmi;
ripiegati, dolenti
e senza torcia nel buio
– ottantatré
prima o poi;
degni di compassione
– novantanove;
mortali
– cento su cento.
Numero al momento invariato.
Wisława Szymborska
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14 aprile 2020
Questo ti voglio dire
ci dovevamo fermare.
Lo sapevamo. Lo sentivamo tutti
ch’era troppo furioso
il nostro fare. Stare dentro le cose.
Tutti fuori di noi.
Agitare ogni ora – farla fruttare.
Ci dovevamo fermare
e non ci riuscivamo.
Andava fatto insieme.
Rallentare la corsa.
Ma non ci riuscivamo.
Non c’era sforzo umano
che ci potesse bloccare.
E poiché questo
era desiderio tacito comune
come un inconscio volere –
forse la specie nostra ha ubbidito
slacciato le catene che tengono blindato
il nostro seme. Aperto
le fessure più segrete
e fatto entrare.
Forse per questo dopo c’è stato un salto
di specie – dal pipistrello a noi.
Qualcosa in noi ha voluto spalancare.
Forse, non so.
Adesso siamo a casa.
È portentoso quello che succede.
E c’è dell’oro, credo, in questo tempo strano.
Forse ci sono doni.
Pepite d’oro per noi. Se ci aiutiamo.
C’è un molto forte richiamo
della specie ora e come specie adesso
deve pensarsi ognuno. Un comune destino
ci tiene qui. Lo sapevamo. Ma non troppo bene.
O tutti quanti o nessuno.
È potente la terra. Viva per davvero.
Io la sento pensante d’un pensiero
che noi non conosciamo.
E quello che succede? Consideriamo
se non sia lei che muove.
Se la legge che tiene ben guidato
l’universo intero, se quanto accade mi chiedo
non sia piena espressione di quella legge
che governa anche noi – proprio come
ogni stella – ogni particella di cosmo.
Se la materia oscura fosse questo
tenersi insieme di tutto in un ardore
di vita, con la spazzina morte che viene
a equilibrare ogni specie.
Tenerla dentro la misura sua, al posto suo,
guidata. Non siamo noi
che abbiamo fatto il cielo.
Una voce imponente, senza parola
ci dice ora di stare a casa, come bambini
che l’hanno fatta grossa, senza sapere cosa,
e non avranno baci, non saranno abbracciati.
Ognuno dentro una frenata
che ci riporta indietro, forse nelle lentezze
delle antiche antenate, delle madri.
Guardare di più il cielo,
tingere d’ocra un morto. Fare per la prima volta
il pane. Guardare bene una faccia. Cantare
piano piano perché un bambino dorma. Per la prima volta
stringere con la mano un’altra mano
sentire forte l’intesa. Che siamo insieme.
Un organismo solo. Tutta la specie
la portiamo in noi. Dentro noi la salviamo.
A quella stretta
di un palmo col palmo di qualcuno
a quel semplice atto che ci è interdetto ora –
noi torneremo con una comprensione dilatata.
Saremo qui, più attenti credo. Più delicata
la nostra mano starà dentro il fare della vita.
Adesso lo sappiamo quanto è triste
stare lontani un metro.
Mariangela Gualtieri
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17 agosto 2020
BOSCO D’ISOLA
Non sono più nella mia casa,
ma in questa sede ariosa che mi concede tutto.
La sua tranquilla geometria
dà ingresso al chiaro per i corpi
umidi e leggeri sul terrazzo
nelle tracce feriali di una pigra incuria.
Ascolto di qui le voci della piazza,
osservo come un lago il mare che si apre
nel bosco e se c’è vento
una domestica campagna di cicale
che a mezzogiorno protegge i nostri passi
quando il tempo non ha più direzione:
nella pianura totale, deserta,
e nel confine a taglio che si annebbia.
Maurizio Cucchi
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4 settembre 2020
LETTERA DAL BALCONE
Ti scrivo dal balcone
dove resto ancora un poco questa sera
a guardare l'orto al sole di settembre
a mangiare pane e olio e foglie piccole di basilico
ti scrivo meno fiera di quello che vorresti
sono una donna forte sì
ma con anche continue tentazioni di non esserlo
di lasciarmi sciogliere d'amore al sole
e carezzarti e baciarti un po' di più di quello che tu vuoi
ti scrivo dal balcone
guardando il fico pieno di frutti
e il pero con le foglie malate
ho qualche pensiero triste
e due o tre sereni.
VIVIAN LAMARQUE
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16 novembre 2020
QUARANTENA
Nell’ora peggiore della stagione peggiore
dell’anno peggiore di un intero popolo
un uomo partì dalla workhouse con sua moglie.
Stava camminando – entrambi stavano camminando – verso nord.
Lei era malata per la febbre da carestia e non riusciva a tenere il passo.
Lui la sollevò e la mise sulla schiena.
Camminò così verso ovest e ovest e nord.
Finché sotto stelle gelide al calar della notte arrivarono.
Al mattino entrambi furono trovati morti.
Di freddo. Di fame. Delle tossine di un’intera storia.
Ma i piedi di lei premevano contro il suo sterno.
L’ultimo calore della sua carne fu il suo ultimo dono per lei.
Non lasciate che nessuna poesia d’amore arrivi mai a questa soglia.
Non c’è posto qui per l’inesatta
lode alle facili grazie e alla sensualità del corpo.
C’è solo tempo per questo impietoso inventario:
La loro morte insieme nell’inverno del 1847.
E quello che hanno sofferto. Come hanno vissuto.
E cosa c’è tra un uomo e una donna.
E in quale oscurità essa può essere messa alla più dura prova.
EAVAN BOLAND
(Quarantine, da Contro la poesia d’amore, 2001)
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Illustrazione di Ephraim Moses Lilien
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30 dicembre 2020
FINE DI DICEMBRE
Rari giorni d’inverno quando la tramontana
spezza gli aliti al fiume e tende il cielo
come se contrappunto fosse il giura e invece sono
queste martoriate pietre che bussano ai lastrici
divini, la sola porta impropria perché a Roma
non spettano salvezze. Così dicono gli orli delle case
fratturati cristalli d’arabia, trapunti dalle luci
e dai suoni mattini, lo dicono fumando i meccanici topi
e i natali non soffici né sacri, anche lo dicono
le sue morti feriali, la mia coperta corta. Lo ripetono
qui – minimamente – i cerini di lusso che s’accendono
a stento fra le mani di chi non ha più fede
nell’avvento di un nuovo nord.
In questi rari giorni d’inverno
quando il sole mi pesa così poco
sarà bene tenere alta la testa. Forse si vive
altrove.
LUCIO MARIANI
(da Farfalla e segno. Poesie scelte 1972-2009, Crocetti, 2010)
https://www.iucn.org/sites/dev/files...?itok=evj9ynGW
foto presa dal web
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24 marzo 2021
Si tornerà
alle vecchie abitudini,
alla corsa quotidiana
e al tramonto scontato
grideremo la bellezza degli abbracci
le prime due, tre volte,
diremo che belli che sono
mi sono mancati,
ma poi torneranno ad essere
gli abbracci di sempre
silenziosi
e spesso veloci
si tornerà
alle cene tra amici
aprirete quel vino
che avete sempre tenuto da parte
per un’occasione speciale
e a sua volta ne ricomprerete un altro
che deciderete di aprire
solo alla prossima occasione speciale
e tornerete poi
alle passeggiate nei centri del paese
a ridare ai piedi il sapore dei sampietrini
vi riprenderete il vento
rifarete il bagno al mare
e vi impegnerete
per rendere tutto al più presto normale
tornerete a rifare
tutte le cose che avete sempre fatto
ma stavolta, per cortesia
quell’abbraccio veloce
stringetelo forte un secondo di più,
a quelle cene tra amici
trovate spazio per una confessione sacra,
a quella corsetta che fate abitudinariamente
regalatele ogni giorno
qualche passo calmo
tornate pure alle vecchie abitudini
ma questa volta
metteteci più cuore
e aprite sempre i vini migliori che avete
è sempre un’occasione speciale.
Gio Evan
https://encrypted-tbn0.gstatic.com/i...R2WYQ&usqp=CAU
foto presa dal web
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1 aprile 2022
Toccarsi
sembra un gesto semplice
e invece è una grande avventura,
significa varcare la frontiera
del visibile.
I corpi
sono sacri, sono arcaici.
Toccate e fatevi toccare,
togliete i confini, il filo spinato,
la fiamma dei vivi
è la vicinanza.
Franco Arminio
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6 settembre 2022
SU UNA MUSICA DI VIVALDI
Settembre arioso
come in Vivaldi
un fascio di mandolini.
Bambini scrollano con i bastoni
frutti dall’albero.
Le stanze sono tappezzate
d’argento.
Canzone vento.
Non c’è nulla da compiangere.
Dalle botole lasciate aperte
sale la prima nebbia.
KARL KROLOW
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9 novembre 2022
Spesso gli uomini si ammalano
per essere aiutati.
Allora bisogna aiutarli prima che si ammalino.
Salutare un vecchio
non è gentilezza, è un progetto di sviluppo
locale. Camminare all’aperto
non è seguire il consiglio del medico,
è vedere le cose che stanno fuori,
ogni cosa ha bisogno di essere vista,
anche una vecchia conca piena di terra,
una piccola catasta di legna
davanti alla porta,
un cane zoppo.
Quando guardiamo con clemenza
facciamo piccole feste silenziose,
come se fosse il compleanno
di un balcone, l’onomastico
di una rosa.
Franco Arminio
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27 novembre 2022
DOMANDE AI COSMOLOGI
Se è nata prima la luce
o invece la tenebra;
se da qualche parte non c'è nulla,
oppure se, andando voi avanti così,
resta qualcosa,
della buona vecchia materia,
oltre un'overdose di matematica?
Mi sapete dire
se le 22 dimensioni
hanno un fondamento
o potrebbero essere anche di più?
se l'aldilà è il buco di un tarlo
e a quanti universi paralleli
devo prepararmi a far fronte?
Con reverenza io sto a sentire
le vostre fiabe esatte,
voi sommi sacerdoti.
Quante domande. A chi,
se non a voi,
ultimi moicani
della fisica,devo rivolgerle?
Hans Magnus Enzensberger
(da Gli elisir della scienza, Einaudi 2004 – Traduzione di Anna Maria Carpi)
.
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18 dicembre 2022
Pensa come un albero
assorbi il sole
dichiara la magia della vita
sii aggraziato nel vento
rimani dritto dopo una tempesta
sentiti rinnovato dopo la pioggia
cresci forte senza farti notare
sii pronto per ogni stagione
dai riparo agli estranei
resisti a un periodo freddo
rinasci al primo segnale di primavera
affonda le radici mentre tenti di raggiungere il cielo
rimani quieto a sufficienza da sentire le tue foglie frusciare.
Karen Shragg
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31 dicembre 2022
Quant’è frettoloso il tempo
che passa
incurante di noi
mentre contiamo i giorni dell’anno
e ci domandiamo
se
i ricordi di un tempo passato
siano nostri davvero
e nel trattenerli c’illudiamo
di possedere quel pezzo di vita
andato per sempre.
Il tempo non da confidenza né a ricchi
né a chi averi non ha
passa
senza un perché
e ci dona l’assoluta certezza
che solo
cogliendo l’eterno momento
respiriamo
il tempo migliore
che padroni non ha.
Il tempo ha un fiore
d’eterea bellezza
che padroni non ha.
Anna Rita Armati
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8 marzo 2023
C’è stato un momento
in cui mi sono persa.
Ho perso tutto quello che avevo
attaccato alla schiena,
i vecchi paradigmi,
forme,
maschere,
vergogna,
senso di colpa,
costumi
e le regole.
Ho perso ore e orologio,
calendario e aspettative,
le speranze e le certezze.
Ho perso tutto ciò che era,
tutte le inutili attese,
tutto quello che avevo cercato e tutto quello per cui avevo camminato
e tutto ciò che è avevo lasciato sul ciglio della strada.
E così, nel perdere tutto,
ho anche perso la paura,
la paura di infrangere le regole
e le autocritiche feroci,
la paura della morte
e la paura della vita,
la paura di perdersi,
e la paura di perdere.
E completamente nuda,
priva della vecchia pelle,
ho trovato un cuore
che vibra dentro ogni poro del mio essere,
un profondo tamburo
fatto di argilla, stelle e radici
il suo eco dentro di me
è la voce della Vecchia Donna,
fu allora che ricordai
battito dopo battito,
che ero viva,
eternamente viva,
che ero libera,
coraggiosamente libera.
Ada Luz Marquez
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9 aprile 2023
NON LEGGERÒ I GIORNALI
II giorno entra con rosa di pozzanghere
e Pasqua fra le nuvole.
Operai ripitturano la casa
che adesso ride a metà, dov'è più chiara;
d'in cima al muro si gettano la voce.
Profumi arrivano e partono. Lo giuro:
oggi non spierò nella vetrina
le mie occhiaie appassite.
Non leggerò i giornali del mattino.
Non mi metterò in croce!
Entrerò nel bar che si sbrina
in vapore vermiglio sugli specchi,
scavalcando i due cani stesi al sole
- madre e figlio. - Avrò l'aria felice.
Ordinerò un caffè, sceglierò
cartoline per amici lontani.
FERNANDA ROMAGNOLI
(da Il tredicesimo invitato, Garzanti, 1980)
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25 aprile 2023
LA MADRE DEL PARTIGIANO
Sulla neve bianca bianca
c’è una macchia color vermiglio;
è il sangue, il sangue di mio figlio,
morto per la libertà.
Quando il sole la neve scioglie
un fiore rosso vedi spuntare:
o tu che passi, non lo strappare,
è il fiore della libertà.
Quando scesero i partigiani
a liberare le nostre case,
sui monti azzurri mio figlio rimase
a far la guardia alla libertà.
GIANNI RODARI
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26 giugno 2023
Okay, non ci sono più visionari,
la passione non è più di moda,
e neanche l’aggettivo colorito,
ed è ridicolo parlare delle sirene;
il poeta è assente dalla poesia e, nel frattempo,
beve caffè al sole con gli amici,
scende da un un taxi al mare e la
metafora si assottiglia tra le onde…
La poesia non soffre senza
di te; prendi un bicchiere e il gin,
immergi la tua innocenza, assapora
il pomeriggio senza notizie,
senza miti, senza passato,
nell’amaca indolente del silenzio…..
Aurora Luque
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5 settembre 2023
TUTTI I GIORNI
La guerra non viene più dichiarata,
ma proseguita. L’inaudito
è divenuto quotidiano. L’eroe
resta lontano dai combattimenti. Il debole
è trasferito nelle zone del fuoco.
La divisa di oggi è la pazienza,
medaglia la misera stella
della speranza, appuntata sul cuore.
Viene conferita
quando non accade più nulla,
quando il fuoco tambureggiante ammutolisce,
quando il nemico è divenuto invisibile
e l’ombra d’eterno riarmo
ricopre il cielo.
Viene conferita
per diserzione dalle bandiere,
per il valore di fronte all’amico,
per il tradimento di segreti obbrobriosi
e l’inosservanza
di tutti gli ordini.
INGEBORG BACHMANN
(da Poesie, Guanda, 1987 - Traduzione di di Maria Teresa Mandalari)
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29 novembre 2023
REGOLE PER UOMINI CHE VOGLIONO AMARE LE DONNE
I
L’uomo che mi ami
dovrà saper scostare il velo della pelle,
scoprire la profondità dei miei occhi
e conoscere quella che si annida in me,
la rondine trasparente della dolcezza.
II
L’uomo che mi ami
non vorrà possedermi come una merce,
né esibirmi come un trofeo di caccia,
saprà stare al mio fianco
con lo stesso amore
con il quale io starò al suo.
III
L’amore dell’uomo che mi ami
sarà forte come gli alberi del corallo
protettivo e sicuro come loro,
limpido come una mattina di dicembre.
IV
L’uomo che mi ami
non dubiterà del mio sorriso
né temerà l’abbondanza dei miei capelli,
rispetterà la tristezza, il silenzio
e con carezze suonerà il mio ventre come una chitarra
perché sgorghino musica e piacere
dalle profondità del mio corpo.
V
L’uomo che mi ami
potrà trovare in me
l’amaca dove riposare
il pesante fardello delle sue preoccupazioni,
l’amica con cui dividere i suoi segreti più intimi,
il lago dove galleggiare
senza temere che l’ancora del legame
gli impedisca di volare quando gli capiti di essere uccello.
VI
L’uomo che mi ami
farà poesia con la sua vita,
costruendo ogni giorno
con lo sguardo diretto al futuro.
VII
Ma, soprattutto,
l’uomo che mi ami
dovrà amare la gente
non come una parola astratta
estratta dalla manica,
ma come qualcosa di reale, concreto,
cui rendere omaggio con azioni
e dare la vita se è necessario.
VIII
L’uomo che mi ami
riconoscerà il mio volto nella trincea
ginocchio in terra mi amerà
mentre entrambi apriremo il fuoco insieme
contro il nemico.
IX
L’amore del mio uomo
non conoscerà la paura del donarsi,
né temerà di scoprirsi davanti alla magia
dell’innamoramento
in una piazza piena di gente.
Potrà gridare - ti amo -
o mettere striscioni sopra le case
proclamando il suo diritto a sentire
il più bello e umano dei sentimenti.
X
L’amore del mio uomo
non fuggirà le cucine,
né i pannolini del figlio,
sarà come un vento fresco
che spazza le nubi del sogno e del passato,
le debolezze che, per secoli, ci hanno tenuti separati
come esseri di diversa statura.
XI
L’amore del mio uomo
non vorrà classificarmi o etichettarmi,
mi darà aria, spazio,
alimento per crescere ed essere migliore,
come una Rivoluzione
che faccia di ogni giorno
l’inizio di una nuova vittoria.
GIOCONDA BELLI
(da La costola di Eva, 1987)
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Fine anno - Borges
“Fine d’anno” di Jorge Luis Borges:
Né la minuzia simbolica
di sostituire un tre con un due
né quella metafora inutile
che convoca un attimo che muore e un altro che sorge
né il compimento di un processo astronomico
sconcertano e scavano
l’altopiano di questa notte
e ci obbligano ad attendere
i dodici e irreparabili rintocchi.
La causa vera
è il sospetto generale e confuso
dell’enigma del Tempo;
è lo stupore davanti al miracolo
che malgrado gli infiniti azzardi,
che malgrado siamo
le gocce del fiume di Eraclito,
perduri qualcosa in noi:
immobile.
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28 gennaio 2024
TRARRE INSEGNAMENTO
(In memoria di Primo Levi)
Dagli ultimi mucchi di cadaveri
una voce grida: Scarpe!
Le scarpe sono più importanti del cibo!
Chi non prosegue
viene ucciso. Poiché
il procedere è prezioso
per colui che
non riuscì a sfuggire
in tempo al nostro secolo
strascicando il passo
un candidato alla morte dopo l’altro
rabbrividendo miseramente poiché
il debole fuoco della vergogna dei posteri
non riscalderà più alcuno.
GÜNTER KUNERT
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9 luglio 2024
IN THE SUNNY SIDE OF THE STREET
Quasi senza rendermene conto,
tanto di ciò che ho amato
mi ha abbandonato…
Libri che mi piacevano e che oggi non sopporto,
posti che una volta
mi interessavano, ore di rapita giovinezza. Persone
care. Io stesso; quelli che sono stato.
Andare a cercarlo? Le
acque di quello specchio non
sono
adatte
a navigare.
Il desiderio, le donne, oh, sono ancora lì. Ma
voglio condividere con loro
quel desiderio?
La passione della Libertà,
nemmeno immaginata quasi da nessuno.
Forse anche il sogno stesso
dell'Arte.
Ma il giorno che contemplo è bellissimo. È bello
questo tramonto sul mare.
E ho dei buoni libri a portata di mano
e musica che mi piace.
E sì, forse è una consolazione:
Non ho svilito la mia vita.
Mi sono rimaste poche persone
che significano qualcosa,
Non ho un paese, non è nemmeno la mia lingua
quella che forse amo di più.
A chiunque mi chieda
Da dove vieni? Dove stai andando?, semplicemente
rispondo:
cammino per il mondo,
sento il freddo della Luna,
e c'è ancora nei miei occhi
la curiosità.
José María Álvarez.
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31 dicembre 2024
ANNO NUOVO
Butto l'anno che muore alle mie spalle come uno scialle
e lo lascio cadere. Fuochi d’artificio impellenti si scagliano
contro la notte, fiori di desiderio, impeto d’amore.
Dallo spazio attorno a me, stando qui, do forma
al tuo corpo assente addosso al mio. Mi tocchi come aria benevola.
Più che lontano, più che vicino, le tue braccia sono tenebre, mi stringono,
così mi appoggio, leggo il labiale dei cieli che parlano in luminose,
sillabe stellate. Vedo, alla fine, ci pregano. Il tuo respiro
è di mezzanotte, vivo, sulla mia pelle, per tutte le miglia tra di noi,
campi e autostrade e città, i milioni di casette illuminate.
Questo nostro amore, dolore all'inverso, rima piena, posto sbagliato,
tempo sbagliato, dolce lavoro per le mani, vocazione del cuore, bagliori
per guidare l'anno nuovo, i giorni e le notti remoti su per lo scuro mare
del cielo. Ora la tua bocca è neve sulle mie labbra, fredda, intima, primo bacio,
un voto. Il tempo cade e sprofonda nello spazio infinito, verso quando noi siamo.
CAROL ANN DUFFY
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27 Gennaio 2025
Nel giorno della memoria
ricordiamoci di guerre assurde
senza senso, di forni accesi
pronti a uccidere anime innocenti.
Nel giorno della memoria
ricordiamoci di urla non ascoltate
di quell’indifferenza al dolore
di chi è morto ingiustamente.
Nel giorno della memoria
ricordiamo di quanto l’uomo
sia una vera bestia
di quella morale persa a combattere.
Nel giorno della memoria
ricordiamoci dell’atrocità
di ogni assurdo gesto compiuto
di quelle vite che non ci sono più.
Nel giorno della memoria
ricordiamoci dei fatti
di quei “orrori ” compiuti
di chi non c’è più.
Di vite colpite senza “colpe”.
Silvana Stremiz
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17 febbraio 2025
Il mare brucia le maschere,
le incendia il fuoco del sale.
Uomini pieni di maschere
avvampano sul litorale.
Tu sola potrai resistere
nel rogo del Carnevale.
Tu sola che senza maschere
nascondi l’arte d’esistere.
Giorgio Caproni