Mauro
09-March-2012, 14:25
Prendo spunto da questo articolo (http://www.corriere.it/cultura/12_marzo_09/dan-brown-coelho-faletti-bestseller-da-non-leggere-pietro-citati_2c4f16a8-69c9-11e1-b42a-aa1beb6952a8.shtml) di Pietro Citati sul "Corriere" di oggi per aprire una discussione secondo me interessante.
Malgrado l'opinione di Roberto Calasso, credo che i lettori italiani siano peggiorati negli ultimi trenta-quarant'anni. Non c'è da meravigliarsi. La generazione letteraria del 1910-1924, che pubblicava i propri libri attorno al 1960-1970, è stata la più ricca e feconda apparsa da secoli nella letteratura italiana. I lettori ereditavano le qualità degli scrittori. Erano lettori avventurosi e impavidi, che non temevano difficoltà di contenuto e di stile, fantasie, enigmi, allusioni, culture complicate e remote. In quegli anni libri bellissimi ebbero un successo che oggi non si potrebbe ripetere. Penso sopratutto a due casi. Quello dell' Insostenibile leggerezza dell'essere di Milan Kundera; e quello delle Nozze di Cadmo e di Armonia di Roberto Calasso. Non si era mai visto un così arduo libro di saggistica, fondato su una analisi rigorosa dei testi, conquistare un pubblico tanto vasto, e ripetere il suo successo in ogni Paese.
Oggi la lettura tende a diventare una specie di orgia, dove ciò che conta è la volgarità dell'immaginazione, la banalità della trama e la mediocrità dello stile. Credo che sia molto meglio non leggere affatto, piuttosto che leggere Dan Brown, Giorgio Faletti e Paulo Coelho. Intanto, continua la scomparsa dei classici. Gli italiani non hanno mai letto Dickens e Balzac. Oggi, anche Kafka (che nel 1970-80 era amatissimo) va a raggiungere Tolstoj e Borges nel vasto pozzo del dimenticatoio. Per fortuna, restano i poeti: o, almeno, una grande poetessa, Emily Dickinson.
Anche i numeri stanno calando. Negli ultimi mesi le vendite dei libri - sia delle clamorose novità sia del lento catalogo - sono discese di circa il 12 per cento rispetto agli anni precedenti: così mi dicono. È una vera catastrofe editoriale, alla quale speriamo che portino rimedio i prossimi mesi dell'anno. La spiegazione è ovvia: la crisi economica si è allargata e si è estesa. Ma niente è meno costoso, e tanto indispensabile, come il piacere della lettura.
Il principale rimedio è la diminuzione del prezzo dei libri. Molte case editrici ricorrevano, negli anni passati, a un sistema di vendite scontate (del 20 o 30 per cento) in alcuni mesi dell'anno, specialmente ottobre, novembre, dicembre. I risultati economici erano notevoli. La cosa mi sembra perfettamente legittima. Non vedo perché una casa automobilistica possa abbassare, per qualche mese, i prezzi delle vetture, e una casa editrice non possa diminuire quelli dei libri. Ma, nel 2010, è accaduta una cosa inverosimile. Sottoposto a non so quali pressioni, il governo ha di fatto ucciso le vendite straordinarie dei libri, o le ha ridotte al minimo. L'industria editoriale italiana è gracile e fragile. Se non si vuole farla affondare completamente, il provvedimento del 2010 va assolutamente abolito. Ogni editore venda i propri libri al prezzo che preferisce.
C'è molto di vero in questo articolo ma credo si debbano puntualizzare alcune cose.
Prima di tutto credo che un minimo di "evasione" nell'ambito della lettura non sia un peccato così orrendo da necessitare i toni da scomunica che usa Citati, anche se concordo con lui sul fatto che spesso ci si trova a fronteggiare fiumi di inchiostro la cui banalità rasenta la presa in giro per chi legge. Detto questo credo che anche nella letteratura "leggera", come può essere il noir o il giallo, si possano trovare autori di grande spessore che nulla tolgono alla qualità complessiva delle letture di ciascuno di noi. E' altrettanto vero però che la soddisfazione che si prova chiudendo l'ultima pagina di un grande classico o di un saggio è incomparabilmente più grande di quella che ci lascia un thriller per quanto ben scritto.
Ma se la qualità complessiva delle lettura è calata (sara poi vero?) non credo che la ricetta per migliorarla sia lo sconsigliare una pagina scritta qualunque essa sia. Si può partire anche da libri che farebbero inorridire perfino il più analfabeta fra i tamarri di periferia ma la speranza, da parte mia, è che prima o poi il piacere di leggere si accompagni al piacere di ciò che si è letto e spinga le persone a cercare di affinare sempre di più i propri gusti letterari.
Sulla reprimenda della legge del 2010 non si può che concordare pienamente.
Malgrado l'opinione di Roberto Calasso, credo che i lettori italiani siano peggiorati negli ultimi trenta-quarant'anni. Non c'è da meravigliarsi. La generazione letteraria del 1910-1924, che pubblicava i propri libri attorno al 1960-1970, è stata la più ricca e feconda apparsa da secoli nella letteratura italiana. I lettori ereditavano le qualità degli scrittori. Erano lettori avventurosi e impavidi, che non temevano difficoltà di contenuto e di stile, fantasie, enigmi, allusioni, culture complicate e remote. In quegli anni libri bellissimi ebbero un successo che oggi non si potrebbe ripetere. Penso sopratutto a due casi. Quello dell' Insostenibile leggerezza dell'essere di Milan Kundera; e quello delle Nozze di Cadmo e di Armonia di Roberto Calasso. Non si era mai visto un così arduo libro di saggistica, fondato su una analisi rigorosa dei testi, conquistare un pubblico tanto vasto, e ripetere il suo successo in ogni Paese.
Oggi la lettura tende a diventare una specie di orgia, dove ciò che conta è la volgarità dell'immaginazione, la banalità della trama e la mediocrità dello stile. Credo che sia molto meglio non leggere affatto, piuttosto che leggere Dan Brown, Giorgio Faletti e Paulo Coelho. Intanto, continua la scomparsa dei classici. Gli italiani non hanno mai letto Dickens e Balzac. Oggi, anche Kafka (che nel 1970-80 era amatissimo) va a raggiungere Tolstoj e Borges nel vasto pozzo del dimenticatoio. Per fortuna, restano i poeti: o, almeno, una grande poetessa, Emily Dickinson.
Anche i numeri stanno calando. Negli ultimi mesi le vendite dei libri - sia delle clamorose novità sia del lento catalogo - sono discese di circa il 12 per cento rispetto agli anni precedenti: così mi dicono. È una vera catastrofe editoriale, alla quale speriamo che portino rimedio i prossimi mesi dell'anno. La spiegazione è ovvia: la crisi economica si è allargata e si è estesa. Ma niente è meno costoso, e tanto indispensabile, come il piacere della lettura.
Il principale rimedio è la diminuzione del prezzo dei libri. Molte case editrici ricorrevano, negli anni passati, a un sistema di vendite scontate (del 20 o 30 per cento) in alcuni mesi dell'anno, specialmente ottobre, novembre, dicembre. I risultati economici erano notevoli. La cosa mi sembra perfettamente legittima. Non vedo perché una casa automobilistica possa abbassare, per qualche mese, i prezzi delle vetture, e una casa editrice non possa diminuire quelli dei libri. Ma, nel 2010, è accaduta una cosa inverosimile. Sottoposto a non so quali pressioni, il governo ha di fatto ucciso le vendite straordinarie dei libri, o le ha ridotte al minimo. L'industria editoriale italiana è gracile e fragile. Se non si vuole farla affondare completamente, il provvedimento del 2010 va assolutamente abolito. Ogni editore venda i propri libri al prezzo che preferisce.
C'è molto di vero in questo articolo ma credo si debbano puntualizzare alcune cose.
Prima di tutto credo che un minimo di "evasione" nell'ambito della lettura non sia un peccato così orrendo da necessitare i toni da scomunica che usa Citati, anche se concordo con lui sul fatto che spesso ci si trova a fronteggiare fiumi di inchiostro la cui banalità rasenta la presa in giro per chi legge. Detto questo credo che anche nella letteratura "leggera", come può essere il noir o il giallo, si possano trovare autori di grande spessore che nulla tolgono alla qualità complessiva delle letture di ciascuno di noi. E' altrettanto vero però che la soddisfazione che si prova chiudendo l'ultima pagina di un grande classico o di un saggio è incomparabilmente più grande di quella che ci lascia un thriller per quanto ben scritto.
Ma se la qualità complessiva delle lettura è calata (sara poi vero?) non credo che la ricetta per migliorarla sia lo sconsigliare una pagina scritta qualunque essa sia. Si può partire anche da libri che farebbero inorridire perfino il più analfabeta fra i tamarri di periferia ma la speranza, da parte mia, è che prima o poi il piacere di leggere si accompagni al piacere di ciò che si è letto e spinga le persone a cercare di affinare sempre di più i propri gusti letterari.
Sulla reprimenda della legge del 2010 non si può che concordare pienamente.