Elvira Coot
27-December-2016, 17:19
http://i.imgur.com/tY90wXQ.jpg
"Lo chiamano "il nido degli angeli" perché è un istituto che accoglie bambini senza famiglia. Mario è uno di loro, ha dodici anni, è stato abbandonato alla nascita ed è solo al mondo. Quando vi arriva, ha già alle spalle una lunga esperienza di brefotrofi e collegi, ma spera di trovare finalmente calore umano e affetto. Tanto più che la direttrice, una ex suora che gode fama di donna caritatevole, afferma di voler essere per i suoi sfortunati ospiti "la mamma che non hanno mai avuto". La realtà è ben diversa. Quello che dirige con spietata crudeltà è un vero e proprio inferno in cui i bambini devono fare i conti con la fame, il freddo, i maltrattamenti, le infami punizioni corporali. Eppure la luce della speranza non si spegne, alimentata da gesti semplici e quotidiani. Mario riesce perfino a trovare un amico, Francesco. Insieme condividono piccole gioie e grandi sofferenze, ma una notte Francesco scompare nel nulla e a Mario non resta che sperare che sia riuscito a realizzare il suo sogno di fuga. Fino a quando, sfidando una ragnatela fittissima di protezioni e omertà, un carabiniere coraggioso non riesce a fare irruzione nell'istituto. E a scoperchiare l'orrore. Molti anni dopo la liberazione da quell'incubo, durante i lavori di demolizione di quel luogo di dolore, il ritrovamento di un corpicino avvolto nel cellophane riapre una ferita che non si era mai rimarginata, e Mario deve affrontare di nuovo i fantasmi della sua infanzia rubata."
Leggere questo libro è difficile. La storia di Mario Appignani e degli altri bambini dell’Istituto Santa Rita maltrattati, torturati e uccisi fa stare male. Pagina dopo pagina si sprofonda sempre più nell’orrore e nella pena. Verrebbe voglia di fare qualcosa, di andare a prendere almeno uno di questi bimbi e portarselo a casa! Già così è una storia proprio brutta, ma pensare che questo è accaduto veramente nell’Italia degli ultimi anni ’60 è molto peggio. Non è un autore con troppa fantasia, è l’orrore fatto realtà. E non solo Maria Diletta Pagliuca, ma anche tutti gli altri che le danno ragione o che, non meno colpevoli, fanno finta di non vedere. La prima sentenza del Tribunale è un insulto alla memoria dei bambini defunti, solo il processo d’appello condanna finalmente questa donna, anche se comunque la pena rimane troppo lieve. Ma tant’è, siamo, anzi, eravamo in Italia
"Lo chiamano "il nido degli angeli" perché è un istituto che accoglie bambini senza famiglia. Mario è uno di loro, ha dodici anni, è stato abbandonato alla nascita ed è solo al mondo. Quando vi arriva, ha già alle spalle una lunga esperienza di brefotrofi e collegi, ma spera di trovare finalmente calore umano e affetto. Tanto più che la direttrice, una ex suora che gode fama di donna caritatevole, afferma di voler essere per i suoi sfortunati ospiti "la mamma che non hanno mai avuto". La realtà è ben diversa. Quello che dirige con spietata crudeltà è un vero e proprio inferno in cui i bambini devono fare i conti con la fame, il freddo, i maltrattamenti, le infami punizioni corporali. Eppure la luce della speranza non si spegne, alimentata da gesti semplici e quotidiani. Mario riesce perfino a trovare un amico, Francesco. Insieme condividono piccole gioie e grandi sofferenze, ma una notte Francesco scompare nel nulla e a Mario non resta che sperare che sia riuscito a realizzare il suo sogno di fuga. Fino a quando, sfidando una ragnatela fittissima di protezioni e omertà, un carabiniere coraggioso non riesce a fare irruzione nell'istituto. E a scoperchiare l'orrore. Molti anni dopo la liberazione da quell'incubo, durante i lavori di demolizione di quel luogo di dolore, il ritrovamento di un corpicino avvolto nel cellophane riapre una ferita che non si era mai rimarginata, e Mario deve affrontare di nuovo i fantasmi della sua infanzia rubata."
Leggere questo libro è difficile. La storia di Mario Appignani e degli altri bambini dell’Istituto Santa Rita maltrattati, torturati e uccisi fa stare male. Pagina dopo pagina si sprofonda sempre più nell’orrore e nella pena. Verrebbe voglia di fare qualcosa, di andare a prendere almeno uno di questi bimbi e portarselo a casa! Già così è una storia proprio brutta, ma pensare che questo è accaduto veramente nell’Italia degli ultimi anni ’60 è molto peggio. Non è un autore con troppa fantasia, è l’orrore fatto realtà. E non solo Maria Diletta Pagliuca, ma anche tutti gli altri che le danno ragione o che, non meno colpevoli, fanno finta di non vedere. La prima sentenza del Tribunale è un insulto alla memoria dei bambini defunti, solo il processo d’appello condanna finalmente questa donna, anche se comunque la pena rimane troppo lieve. Ma tant’è, siamo, anzi, eravamo in Italia