Elvira Coot
19-September-2015, 00:51
http://i59.tinypic.com/2z7h1jm.jpg
"Sullo sfondo delle miniere del Galles, una storia umanissima di grandi, fondamentali conflitti sociali, civili e sentimentali. Nel cuore dei protagonisti divampa la lotta per ottenere più giustizia, libertà e realizzare finalmente un ideale e un progetto di vita più felice. Molti sono i contrasti e i conflitti che Cronin ritrae con sottile e attenta psicologia, dando ai personaggi una profondità autentica, che si può riscontrare solo nei ritratti dei grandi e affermati romanzieri. Il soffio della vita vissuta è presente in tutto il libro ed è la caratteristica che ha fatto conoscere Cronin."
Cronin è Cronin, c’è poco da discutere. Ti prende, ti avvinghia e non ti molla neanche mentre non leggi, perché ci pensi anche mentre guidi o lavori e stai a chiederti: cosa succederà? Come andrà a finire? Un maestro delle parole che non tramonterà mai, con tempi e personaggi sempre attuali. Conosciamo i Fenwick uno per uno, come se fossero amici nostri, ci sentiamo soffocare giù, nelle umide gallerie della miniera, battiamo i piedi per terra nel tentativo di scaldarci. E soprattutto patiamo una rabbia tremenda nei confronti dell’antipatico Joe, che si comporta malissimo, eppure gli va sempre fatta bene, anzi, gli va alla grande, anzi, gli va pure meglio di come va ai buoni. Ecco, questa è una cosa che però ho fatto fatica a mandare giù. I buoni devono vincere e i cattivi devono perdere, questo è definitivo! Non mi piacciono le mezze misure. Invece in queste pagine la cattiva sorte si accanisce particolarmente contro i buoni e si diverte a darla vinta ai cattivi. Però così è la vita, non è che sempre va a finire tutto bene ….
Non vi aspettate un libro allegro, se uno ha già pensieri tristi per conto suo e vuole svagarsi un po’, è meglio che lo accantoni per qualche tempo. La tristezza aleggia sovrana, non come un velo che tutto annebbia, ma come un fango denso che appesantisce l’anima del lettore. Quando mettevo giù il libro sul comodino, mi sentivo a pezzi, speravo sempre, l’indomani, di leggere pagine di riscatto, dove i buoni finalmente avevano la loro rivincita. Macchè, nel fango erano e nel fango rimanevano.
Nota dolentissima: la politica era orribile allora ed è orribile anche adesso, purtroppo nell’ultimo secolo l’uomo non è riuscito a migliorarsi neanche un po’.
La mia edizione è del 1964, quando si era soliti tradurre anche i nomi di battesimo, così David diventa Davide, Arthur è Arturo e Robert è Roberto … mah! Fortuna che si tratta di un’usanza in disuso, non mi convinceva molto.
Dopodichè è necessario vedere lo sceneggiato Rai degli anni 70 (io l’ho scovato in biblioteca). Il bianco e nero rende il tutto ancora più triste e il fango delle gallerie ancora più doloroso, ma è da vedere, se il libro è piaciuto (e secondo me non può essere diversamente)
"Sullo sfondo delle miniere del Galles, una storia umanissima di grandi, fondamentali conflitti sociali, civili e sentimentali. Nel cuore dei protagonisti divampa la lotta per ottenere più giustizia, libertà e realizzare finalmente un ideale e un progetto di vita più felice. Molti sono i contrasti e i conflitti che Cronin ritrae con sottile e attenta psicologia, dando ai personaggi una profondità autentica, che si può riscontrare solo nei ritratti dei grandi e affermati romanzieri. Il soffio della vita vissuta è presente in tutto il libro ed è la caratteristica che ha fatto conoscere Cronin."
Cronin è Cronin, c’è poco da discutere. Ti prende, ti avvinghia e non ti molla neanche mentre non leggi, perché ci pensi anche mentre guidi o lavori e stai a chiederti: cosa succederà? Come andrà a finire? Un maestro delle parole che non tramonterà mai, con tempi e personaggi sempre attuali. Conosciamo i Fenwick uno per uno, come se fossero amici nostri, ci sentiamo soffocare giù, nelle umide gallerie della miniera, battiamo i piedi per terra nel tentativo di scaldarci. E soprattutto patiamo una rabbia tremenda nei confronti dell’antipatico Joe, che si comporta malissimo, eppure gli va sempre fatta bene, anzi, gli va alla grande, anzi, gli va pure meglio di come va ai buoni. Ecco, questa è una cosa che però ho fatto fatica a mandare giù. I buoni devono vincere e i cattivi devono perdere, questo è definitivo! Non mi piacciono le mezze misure. Invece in queste pagine la cattiva sorte si accanisce particolarmente contro i buoni e si diverte a darla vinta ai cattivi. Però così è la vita, non è che sempre va a finire tutto bene ….
Non vi aspettate un libro allegro, se uno ha già pensieri tristi per conto suo e vuole svagarsi un po’, è meglio che lo accantoni per qualche tempo. La tristezza aleggia sovrana, non come un velo che tutto annebbia, ma come un fango denso che appesantisce l’anima del lettore. Quando mettevo giù il libro sul comodino, mi sentivo a pezzi, speravo sempre, l’indomani, di leggere pagine di riscatto, dove i buoni finalmente avevano la loro rivincita. Macchè, nel fango erano e nel fango rimanevano.
Nota dolentissima: la politica era orribile allora ed è orribile anche adesso, purtroppo nell’ultimo secolo l’uomo non è riuscito a migliorarsi neanche un po’.
La mia edizione è del 1964, quando si era soliti tradurre anche i nomi di battesimo, così David diventa Davide, Arthur è Arturo e Robert è Roberto … mah! Fortuna che si tratta di un’usanza in disuso, non mi convinceva molto.
Dopodichè è necessario vedere lo sceneggiato Rai degli anni 70 (io l’ho scovato in biblioteca). Il bianco e nero rende il tutto ancora più triste e il fango delle gallerie ancora più doloroso, ma è da vedere, se il libro è piaciuto (e secondo me non può essere diversamente)