nohamweb
12-May-2015, 12:22
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Descrizione
Ricordate gli anni della Thatcher? Gli anni in cui la rapacità era la virtù, i beni della nazione venivano depredati e Saddam Hussein era un uomo con il quale volentieri si facevano gli affari? E' su questo periodo che Jonathan Coe, in uno dei romanzi più divertenti e mortalmente seri degli ultimi anni, butta uno sguardo giocoso e selvaggio. Ne esce un agghiacciante affresco socio - politico che rivela sorprendenti analogie con l'attuale realtà italiana. Nell'estate del 1990, mentre il mondo si prepara a entrare in guerra contro Saddam Hussein, un giovane scrittore è al lavoro sulla biografia della famiglia Winshaw. Quasi tutti i suoi membri sono ispirati da una rapacità brutale e totalizzante e, insieme, riescono a dominare gran parte della vita pubblica ed economica britannica. Lungo le vite di questi ameni personaggi vengono così ricostruiti i famosi anni ottanta: un'orgia di violenza, soprusi, ingiustizie provocata dall'assenza di controlli del potere.
La famiglia dei vizi capitali
Una dose promettente di humour britannico, frizzante e caustico al punto giusto, segna l'avvio della vicenda: uno scrittore depresso e inconcludente si trova a realizzare la biografia di una famiglia di malvagi ben introdotti nelle varie “cricche” che prosperano nell'era thatcheriana. Il romanzo, tuttavia, si disperde presto in un pastiche improbabile di stili e generi, i cui piani temporali sono tanto ballerini da far venire il mal di mare, per ricomporsi poi in un pamphet assai poco credibile. Tesi di fondo: gli orribili Winshaw sono la causa di tutti i mali, dalle guerre nel mondo al collasso del sistema sanitario; il “Grande Vecchio” in salsa inglese, insomma. Se aggiungiamo l'aggravante di un finale assurdo, otterremo l'esito deludente di un’opera il cui autore ha voluto decisamente strafare.
Descrizione
Ricordate gli anni della Thatcher? Gli anni in cui la rapacità era la virtù, i beni della nazione venivano depredati e Saddam Hussein era un uomo con il quale volentieri si facevano gli affari? E' su questo periodo che Jonathan Coe, in uno dei romanzi più divertenti e mortalmente seri degli ultimi anni, butta uno sguardo giocoso e selvaggio. Ne esce un agghiacciante affresco socio - politico che rivela sorprendenti analogie con l'attuale realtà italiana. Nell'estate del 1990, mentre il mondo si prepara a entrare in guerra contro Saddam Hussein, un giovane scrittore è al lavoro sulla biografia della famiglia Winshaw. Quasi tutti i suoi membri sono ispirati da una rapacità brutale e totalizzante e, insieme, riescono a dominare gran parte della vita pubblica ed economica britannica. Lungo le vite di questi ameni personaggi vengono così ricostruiti i famosi anni ottanta: un'orgia di violenza, soprusi, ingiustizie provocata dall'assenza di controlli del potere.
La famiglia dei vizi capitali
Una dose promettente di humour britannico, frizzante e caustico al punto giusto, segna l'avvio della vicenda: uno scrittore depresso e inconcludente si trova a realizzare la biografia di una famiglia di malvagi ben introdotti nelle varie “cricche” che prosperano nell'era thatcheriana. Il romanzo, tuttavia, si disperde presto in un pastiche improbabile di stili e generi, i cui piani temporali sono tanto ballerini da far venire il mal di mare, per ricomporsi poi in un pamphet assai poco credibile. Tesi di fondo: gli orribili Winshaw sono la causa di tutti i mali, dalle guerre nel mondo al collasso del sistema sanitario; il “Grande Vecchio” in salsa inglese, insomma. Se aggiungiamo l'aggravante di un finale assurdo, otterremo l'esito deludente di un’opera il cui autore ha voluto decisamente strafare.